Russia, cosa significano le nuove proteste

Russia, proteste contro mobilitazione parziale e guerra: cosa significano
Matrëška | © Julia Kadel

In Russia le proteste contro la mobilitazione parziale per la guerra in Ucraina rivelano un aspetto specifico dell’atteggiamento della popolazione verso il conflitto. L’esercito russo consisteva sinora di soldati di mestiere che provenivano in gran numero dalle regioni della Russia non etnicamente russe. La mobilitazione parziale cambia la visione della guerra.


Nel valutare le proteste in Russia contro la mobilitazione parziale, non si dovrebbe dimenticare un elemento importante. Per la guerra in Ucraina vengono impiegati moltissimi soldati provenienti dal Caucaso, dalla Buriazia e dall’Asia centrale: lo confermano le immagini e i cognomi dei caduti. In quei luoghi, molti abbracciano la carriera militare come fonte di reddito.

Per questo motivo, la guerra, per la maggioranza dei russi, suonava finora come un evento lontano, che si svolgeva tra l’Ucraina e un esercito di uomini provenienti da regioni discoste, che siedono agli ultimi banchi della grande scuola di Mosca.

La mobilitazione parziale dichiarata ieri porta la guerra nella Russia verace, nelle case dei cittadini etnicamente russi. Alcuni avevano protestato, all’inizio della guerra. Allora, però, la resistenza aveva un contenuto puramente idealistico, e non durò: tra una battaglia ideale e la prospettiva di scontare una lunga pena in carcere, non c’è l’imbarazzo della scelta. Dopo la mobilitazione, l’alternativa è cambiata: protestare o morire.

Per questo motivo, così tanti russi ritengono che sia giunto il momento di scendere in piazza. La guerra si avvicina, sotto forma di funzionari militari con il colbacco che perquisiscono gli appartamenti e stanano gli uomini in età di leva.

Russia: proteste contro la mobilitazione parziale e repressione

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È opinione corrente che la repressione abbia schiacciato la resistenza dei cittadini. Di principio è così, ma la repressione c’è oggi come c’è stata fino a ieri, forse ancor peggio. Eppure, cortei di cittadini riempiono all’improvviso i viali di Mosca e San Pietroburgo. A fare la differenza non è l’atteggiamento del regime, ma la ponderazione degli interessi in gioco, che sono cambiati.

Alcuni commentatori affermano che le proteste indicano il risveglio di una società civile responsabile. Macché società civile. La protesta è contro la mobilitazione: questa, non la guerra, strappa le persone dalla loro indifferenza.

Paura e indignazione potrebbero aver vita breve. Dalle relazioni di queste ore emerge che i cittadini etnicamente non russi vengono arruolati in numero proporzionalmente maggiore. Se questa tendenza sarà confermata, la Russia verace potrà tornare a dormire tranquilla. A fare la guerra saranno ancora una volta gli «altri.»

Su questa base, decorare le proteste dei russi con un tratto morale troppo elevato non sembra adeguato. Ciò premesso, noi occidentali dovremmo usare molte riserve, nel giudicarli. Come i russi oggi Putin, noi abbiamo salutato i nostri aguzzini con il braccio teso, a suo tempo, sinché la Seconda guerra mondiale non ci ha risvegliati a forza dalle nostre illusioni.

Solo pochi capirono. Da Putin stesso abbiamo comprato materie prime per decenni, contribuendo a finanziare con generosità il nonsenso di oggi.

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Luca Lovisolo

Lavoro come ricercatore indipendente in diritto e relazioni internazionali. Il mio corso «Capire l'attualità internazionale» accompagna chi desidera comprendere meglio i fatti del mondo. Con il corso «Il diritto per tradurre» comunico le competenze giuridiche necessarie per tradurre testi legali da o verso la lingua italiana.

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