Le istituzioni finanziare internazionali sono al centro di molte critiche. E’ bene conoscerne il funzionamento e le finalità, per comprendere ruoli, ragioni e torti. Con la Conferenza di Bretton Woods del 1944 furono costituite le istituzioni finanziarie che ben conosciamo e che operano ancora oggi. Il mondo usciva da due catastrofiche guerre e dalla spaventosa crisi economica del 1929.
Le istituzioni finanziarie sono spesso additate a bestie nere delle relazioni internazionali. La critica ha alcune giustificazioni, ma non bisogna dimenticare che il Fondo monetario internazionale, la Banca mondiale e l’Organizzazione mondiale del commercio svolgono un ruolo essenziale, nel mantenere la stabilità economica globale e permettere ordinati scambi internazionali, sin dalla Seconda guerra mondiale.
Le critiche alle quali si espongono le istituzioni finanziarie si lasciano riassumere in un unico rimprovero: rappresentare in modo troppo squilibrato gli interessi degli Stati occidentali, in particolare degli Stati uniti. La critica non riguarda solo il governo interno dei diversi istituti, ma anche le linee di politica economica adottate quando intervengono nelle realtà dove si rende necessaria la loro azione.
La risposta alla critica, solitamente, è che gli Stati occidentali di maggiori dimensioni sono anche i prevalenti finanziatori delle istituzioni finanziarie internazionali e che tali enti non devono svolgere attività di assistenza, ma applicare politiche di intervento economico che rispondano a criteri tecnici comprovati. E’ bene conoscere meglio il funzionamento e le finalità di queste istituzioni, per comprendere ruoli, ragioni e torti.
Aiuta sapere che le istituzioni finanziarie internazionali furono fondate, alla fine della Seconda guerra mondiale, per uno scopo prevalente preciso: regolare l’economia globale ed evitare così una nuova, disastrosa crisi come quella del 1929. Tra le principali cause di quella proverbiale caduta dell’economia mondiale vi fu la mancanza di regole sugli scambi internazionali e l’assenza di una moderna cultura dell’economia pubblica, oltre che di un quadro certo per le relazioni finanziarie globali.
La corsa alla svalutazione delle monete per favorire le esportazioni, in un contesto planetario pressoché selvaggio e di crescente protezionismo, comportò la riduzione delle entrate fiscali, gravi problemi sociali e la contrazione del commercio mondiale. Mancavano enti in grado di offrire reti di salvataggio agli Stati che minacciavano di cadere in fallimento: in un’economia che cominciava a globalizzarsi, gli effetti delle difficoltà di uno Stato si riverberavano con crescente rapidità sul sistema mondiale.
Con la Conferenza internazionale tenutasi nel luglio del 1944 nella località statunitense di Bretton Woods, consesso diventato celebre proprio come Conferenza di Bretton Woods, si tracciò un quadro di principi che dovevano determinare le relazioni commerciali e finanziarie mondiali per il Dopoguerra. In particolare, si decise che il dollaro USA avrebbe svolto il compito di valuta di riferimento per gli scambi internazionali, consentendo alle altre valute oscillazioni minime: osservata oggi, questa decisione può facilmente essere letta come manifestazione di una posizione dominante.
Occorre ricordare, però, che in quegli anni il mondo usciva da due catastrofiche guerre e, tra di esse, da una spaventosa crisi economica generale. Era chiaro a tutti che servivano riferimenti forti, per sostenere la ripresa e per non ricadere nelle cause della crisi. In quel contesto furono create le istituzioni finanziarie che ben conosciamo e che operano ancora oggi. Il loro scopo era esercitare la necessaria vigilanza sul funzionamento del sistema, indicare regole comuni per il commercio mondiale e offrire strumenti di intervento per gli investimenti a favore dello sviluppo.
Il Fondo monetario internazionale (FMI o, in inglese, IMF) è senza dubbio l’istituzione più spesso citata nelle cronache. Nacque con gli accordi di Bretton Woods come organo di sorveglianza, per garantire la corretta applicazione del sistema finanziario frutto degli accordi. Scopo del Fondo era sorvegliare che gli Stati gestissero correttamente l’emissione di moneta, per prevenire svalutazioni selvagge, e fornire aiuto in caso di difficoltà di bilancio, grazie al deposito in esso costituito dagli Stati aderenti.
Finalità assegnata alla Banca internazionale per la ricostruzione e lo sviluppo (o Banca mondiale) fu, invece, di finanziare la ricostruzione dei Paesi usciti dalla Seconda guerra mondiale. L’istituto passò poi a sostenere progetti nei Paesi del Terzo mondo. Tra i suoi interventi recenti di maggior portata vi è stato il contributo alla ricostruzione delle disastrate economie e infrastrutture dell’Est Europa, dopo la caduta dei regimi comunisti.
L’Organizzazione mondiale del commercio (OMC o, in inglese, WTO) nacque successivamente alle altre istituzioni già citate, in origine sotto la sigla GATT (General Agreement on Tariffs and Trade, Accordo generale sui dazi e sul commercio). Il suo scopo era giungere ad accordi globali sulle tariffe doganali, per prevenire l’utilizzo delle barriere commerciali per azioni di concorrenza sleale fra Stati e la conseguente limitazione del libero commercio internazionale, motore di sviluppo globale. La sua funzione si estese poi a quella di ente regolatore delle molte fattispecie toccate dagli scambi internazionali.
Nel 1971, il sistema finanziario ideato alla Conferenza di Bretton Woods cessò di funzionare, per una serie di fattori internazionali tra i quali le difficoltà degli Stati uniti a seguito della guerra del Vietnam. Le istituzioni fondate con la Conferenza restarono però in vita, adeguando la loro funzione. Il Fondo monetario internazionale, oggi, ha il ruolo prevalente di vigilare sulle politiche macroeconomiche e di bilancio degli Stati membri, per prevenirne il fallimento o difficoltà finanziarie che si ripercuoterebbero sul sistema finanziario globale. Del Fondo fanno parte ormai quasi tutti gli Stati del mondo: ciascuno di essi versa una quota per costituire un deposito comune, da utilizzare per gli interventi di prestito ai Paesi in maggiore difficoltà.
La critica alle istituzioni finanziarie internazionali, come si diceva più sopra, non è del tutto immotivata. In particolare, sollevano dubbi le politiche economiche imposte sugli Stati che beneficiano di prestiti del Fondo monetario internazionale e della Banca mondiale. Le politiche ispirate al liberismo non sembrano sempre le più adeguate: può accadere, ad esempio, che i tagli alla spesa pubblica causino problemi che aggravano la situazione sociale di Stati in via di sviluppo, mentre tentano di alleviarne la situazione economica.
Non vi è dubbio che queste politiche e la governance interna delle istituzioni finanziarie internazionali possono essere adeguate e migliorate. Nel muovere le critiche, però, bisogna essere consapevoli del ruolo che questi enti svolgono nell’imprimere un ordinamento agli scambi e alla finanza pubblica internazionali. La riduzione del ruolo o addirittura la soppressione di queste istituzioni non gioverebbe alla stabilità delle economie. Per questo motivo, preoccupa la politica attuata dagli Stati uniti dall’elezione di Donald Trump. Le visioni protezioniste, il ricorso all’arma dei dazi a fini politici e l’agire irrispettoso verso gli organi internazionali di regolazione, non solo di quelli economici, fa temere la ricomparsa di un mondo non più fondato sul multilateralismo, che si esprime tipicamente nelle istituzioni internazionali, ma governato dalla prevalenza del più forte.
Può apparire paradossale, alla luce delle diffuse critiche, ma le istituzioni finanziarie e commerciali internazionali, con i loro difetti, restano un baluardo a difesa degli Stati e delle economie più deboli, di fronte alla prepotenza dei Paesi maggiori. Questi ultimi perderebbero ogni freno, in un contesto non regolato.