Il linguaggio penale della medicina: le epidemie

Diritto penale, medicina e linguaggio
Stetoscopio e persona che scrive | © National Cancer Institute

Diritto penale, medicina e traduzioni si incontrano spesso. Accade che lo svolgersi di un procedimento giudiziario richieda pareri medici, l’esecuzione di un’autopsia o altre forme di interazione fra le due discipline. Un caso particolare sono le epidemie, che comportano pesanti conseguenze sociali. Prendiamo spunto dalla pandemia di COVID-19, che tutti ricordiamo, per alcune considerazioni di metodo.


Per analizzare dal punto di vista della traduzione la relazione tra diritto penale, medicina e linguaggio nel caso delle epidemie, un buon punto di partenza sono i reati connessi alla diffusione di malattie contagiose. Come sempre, prendiamo in esame sia la legislazione italiana sia quella svizzera in lingua italiana. Lo scopo è conoscere più da vicino alcuni termini usati per costituire le fattispecie di pericolo per la salute pubblica legate a un’epidemia, per trarne indicazioni di metodo e scoprire altre particolarità. Cominciamo dalle disposizioni in vigore in Italia. L’articolo a cui riferirsi è il 438 del Codice penale, intitolato, semplicemente, Epidemia:

«Epidemia – Chiunque cagiona un’epidemia mediante la diffusione di germi patogeni è punito con l’ergastolo. Se dal fatto deriva la morte di più persone, si applica la pena di morte.» (Art. 438 CP IT)

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Osserviamo, intanto, che il Codice non distingue tra epidemia e pandemia, come invece prevedono i protocolli dell’Organizzazione mondiale della sanità. Apprendiamo così che il linguaggio dei codici non coincide sempre con quello di altre istituzioni, nazionali e internazionali. Inoltre, l’articolo fa ancora riferimento alla pena di morte, abolita in Italia con tre successivi provvedimenti (anni 1944, 1948 e 1994). Negli articoli di legge possiamo trovare traccia di pene o fattispecie non più attuali, perché superate da provvedimenti più recenti. Oggi, le condotte un tempo punite con la morte sono sanzionate con l’ergastolo.

Da segnalare l’uso del verbo cagionare: questa fattispecie offre una buona occasione per chiarirne il senso. Spesso lo si considera sinonimo di causare, ma non è sempre così. Causare esprime un nesso causale diretto, una relazione immediata tra il causatore e l’evento – normalmente la commissione di un atto illecito. Cagionare sottintende invece una circostanza indiretta, che può anche essere lecita, ma è tale da occasionare l’evento. Un esempio per entrambi:

1. Tizio ha aggredito Caio con un coltello e ne ha causato il ferimento.
2. Ergasto ha lasciato la propria valigia in un corridoio scuro e ha cagionato il ferimento di Olinda, che vi ha inciampato.

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Perché «cagionare» e non «causare» un’epidemia

Nel primo esempio, il nesso tra la condotta di Tizio e il ferimento di Caio è immediato, una coltellata inferta dall’uno all’altro, un atto diretto e illecito; nel secondo, non è un’azione immediata di Ergasto che ferisce Olinda, ma il fatto che egli abbia lasciato un oggetto in una posizione dove non è stato visto dalla malcapitata: l’evento s’è prodotto quando questa s’è trovata a passare. Cercando un sinonimo di cagionare, lo si troverà più facilmente in occasionare, piuttosto che in causare.

Nel caso dell’articolo 438 CP (IT), che sanziona l’epidemia, il codice utilizza il verbo cagionare perché chi diffonde un’epidemia non commette materialmente l’atto di iniettare il virus in coloro che gli stanno intorno: compie atti diversi, che per sé possono anche essere leciti, ad esempio si reca in luoghi affollati. Così facendo, però, cagiona il diffondersi della malattia contagiando i presenti.

E’ vero che la differenza tra causare e cagionare è ormai generalmente ignorata. Il secondo sembra essere sentito più come variante colta o giuridica del primo; E’ bene ricordare che i due verbi non sono esattamente sovrapponibili.

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Diritto penale, medicina e traduzione: il codice svizzero

Vediamo ora come la stessa fattispecie viene formulata dal Codice penale svizzero, all’articolo 231 CP (CH):

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«Propagazione di malattie dell’essere umano – Chiunque con animo abietto propaga una malattia dell’essere umano pericolosa e trasmissibile è punito con una pena detentiva da uno a cinque anni.» (Art. 231 CP)

Notiamo che il codice svizzero rinuncia all’uso del termine epidemia, per riferirsi più generalmente alla diffusione di malattie dell’essere umano. Ad un primo sguardo, perciò, la norma sembra applicabile a un insieme di casi più ampio, rispetto a quella italiana. Se si legge il dettato dell’articolo, però, esso precisa: «malattia dell’essere umano pericolosa e trasmissibile.» Torna perciò a restringere la norma alle malattie che hanno le caratteristiche specifiche di un’epidemia.

Da qui, la necessità, quando si ricerca il significato e l’uso di un termine in un codice per utilizzarlo in una traduzione, di analizzare sempre con attenzione tutto il dettato della norma rispettiva, senza fermarsi al titolo, che può essere fuorviante.

Interessante notare che all’articolo del codice svizzero si affianca una legge contenente disposizioni penali, ma non compresa nel codice, una cosiddetta norma penale extracodicistica. Si tratta della Legge federale sulla lotta contro le malattie trasmissibili dell’essere umano (Legge sulle epidemie, LEp) del 28 settembre 2012. Nel titolo abbreviato di questo provvedimento vediamo ora comparire il termine epidemia.

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Terminologia penale e norme extracodicistiche

Il riferimento a norme extracodicistiche può essere molto importante, per la ricerca e la definizione terminologica del traduttore. In questo caso, l’articolo 3 della legge fissa i concetti in essa utilizzati e indica il significato giuridicamente vincolante di ciascuno:

«Art. 3 – Definizioni – Ai sensi della presente legge si intende per:
a. malattia trasmissibile: malattia trasmissibile all’essere umano da agenti patogeni o dai loro prodotti tossici;
b. osservazioni: referti clinici (p. es. le diagnosi sospette, le diagnosi confermate, i decessi), risultati di analisi di laboratorio (p. es. i risultati di test, le prove dirette e indirette della presenza di agenti patogeni, le tipizzazioni, le prove di resistenza), risultati epidemiologici (p. es. valori indicativi concernenti le infezioni associate alle cure), nonché eventi (p. es. oggetti o sostanze sospette) in relazione a malattie trasmissibili;
c. agenti patogeni: organismi naturali o geneticamente modificati (p. es. virus, batteri, miceti, protozoi e altri parassiti), sostanze (p. es. prioni, tossine) e materiale genetico che possono provocare o aggravare una malattia trasmissibile;
d. utilizzazione di agenti patogeni: qualsiasi attività relativa ad agenti patogeni, in particolare la produzione, la riproduzione, l’immissione nell’ambiente, la messa in commercio, l’importazione, l’esportazione, il transito, la detenzione, l’impiego, il deposito, lo smaltimento o il trasporto.»
(LEp, 28 settembre 2012)

Entrambe le norme, italiana e svizzera, prevedono che la diffusione dell’epidemia sia dolosa, ossia posta in essere con la volontà di recare pregiudizio ad altri. Nel codice svizzero, ciò è espresso dalle parole con animo abietto; in quello italiano, è lasciato sottinteso.

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Un caso particolare, l’epidemia colposa

In entrambi i Paesi è prevista anche l’eventualità di epidemia colposa, cioè causata non per volontà ma per negligenza, imprudenza o imperizia (ad esempio: la manipolazione errata involontaria di un virus in un laboratorio medico, che sfugge e si diffonde presso la popolazione). Le sanzioni sono ridotte, rispetto alla condotta volontaria. In Italia vanno cercate nell’articolo 452 CP (IT), Delitti colposi contro la salute pubblica, comma 1; in Svizzera torniamo alla Legge sulle epidemie, e precisamente all’articolo 82, capoverso 2. Da ricordare che le definizioni trovate nelle leggi di uno Stato non sono sempre valide in un altro, anche se nei due Paesi si parla la stessa lingua.

Diritto penale e medicina: traduzione, linguaggio e giurisprudenza

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Nella ricerca del corretto significato di un termine, inoltre, per il traduttore può essere necessario ricorrere alla giurisprudenza. L’uso, infatti, può subire variazioni e adattamenti in base alle pronunce dei giudici, che si fondano sui casi concreti. Tornando all’Italia, l’interessante sentenza nr. 9133 del 12.12.2017, Sezione IV penale della Corte di cassazione, definisce molto precisamente il senso di epidemia per il diritto penale:

«La Suprema Corte muove innanzitutto dalla ricostruzione della nozione giuridica di epidemia prevista dall’art. 438 CP. Tale nozione – osservano i giudici – risulta più ristretta rispetto a quella elaborata, e universalmente riconosciuta, da parte della scienza medica, poiché la locuzione mediante la diffusione di germi patogeni, contenuta nella fattispecie incriminatrice, circoscrive la punibilità alle sole condotte che abbiano cagionato l’evento secondo un preciso percorso causale e cioè mediante la propagazione volontaria o colpevole di germi patogeni.»
(Cfr. Felicioni A., Un’interessante pronuncia della Cassazione su epidemia, avvelenamento e adulterazione di acque destinate all’alimentazione, in: >Diritto penale contemporaneo, 20.6.2018).

Questa pronuncia dice due cose importanti per chi si occupa di linguaggio: in un contesto giuridico penale italiano, non possiamo utilizzare il termine epidemia con la stessa ampiezza di significato che gli diamo nel linguaggio comune e nemmeno nella stessa accezione che ha in medicina. Ai sensi dell’articolo 438 CP (IT), infatti, il termine epidemia si riferisce tassativamente al cagionare malattie per mezzo della diffusione di germi patogeni.

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Linguaggio comune e linguaggio penale: differenze e precisazioni

Il termine epidemia non comprende, ad esempio, i casi in cui taluno provochi la contaminazione di molte persone distribuendo sostanze alimentari alterate. Questo fatto, d’altra parte, è previsto in una diversa fattispecie penale, quella dell’articolo 440 CP (IT):

«Adulterazione o contraffazione di sostanze alimentari – Chiunque corrompe o adultera acque o sostanze destinate all’alimentazione, prima che siano attinte o distribuite per il consumo, rendendole pericolose alla salute pubblica, è punito con la reclusione da tre a dieci anni. La stessa pena si applica a chi contraffà, in modo pericoloso alla salute pubblica, sostanze alimentari destinate al commercio.» (Art. 440 CP)

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Se nel linguaggio comune possiamo dire:

La ditta Acme ha distribuito una vivanda alterata, diffondendo un germe che ha causato un’epidemia di colera,

non altrettanto possiamo fare quando dobbiamo riferire questo fatto in un contesto penale, dove dobbiamo utilizzare rigorosamente le formulazioni con le quali la legge costituisce questa fattispecie. Osserviamo che l’articolo 440 CP (IT) insiste sui concetti di corrompere, adulterare, contraffare e pericolo per la salute pubblica. In conseguenza, una proposta di formulazione potrebbe essere:

La ditta Acme ha distribuito una sostanza alimentare adulterata, cagionando numerosi casi di colera.

Diritto penale, medicina e traduzione: attenzione alle parole

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Si possono trovare altre formulazioni equivalenti, utilizzando gli spunti contenuti nel pur breve articolo. Ciò che importa è che si evitino espressioni come diffusione di un germe ed epidemia, che, come statuito dalla Cassazione, sono tipiche della fattispecie e delle condotte a forma vincolata dell’articolo 438 CP, non di quelle del 440 CP.

Preferiamo poi il verbo cagionare anziché causare. Acme non ha iniettato il morbo del colera direttamente nei consumatori: ha distribuito una vivanda che ha occasionato l’intossicazione mediante il consumo da parte degli avventori. Ricordiamo altresì che i termini contraffare, adulterare, corrompere non sono equivalenti e non significano neppure avvelenare, che è oggetto invece dell’art. 439 CP, Avvelenamento di acque o di sostanze alimentari.

La sentenza di Cassazione appena citata è stata stimolata da un caso concreto, l’intossicazione della popolazione di un intero comune italiano dovuta alla distribuzione di acqua potabile non depurata. Da notare che la Cassazione ha rifiutato la posizione dei due gradi di giudizio precedenti. Questi avevano invece accettato la classificazione dell’evento come epidemia, proposta dalla Procura. Ha respinto così l’applicazione dell’articolo 438 CP e precisato nel contempo il contenuto del termine. E’ uno degli esempi che ci insegnano come i riferimenti terminologici vadano ricercati preferibilmente nelle pronunce di legittimità, cioè in quelle dell’ultimo grado di giudizio, non solo nei giudizi di merito dei gradi inferiori, che possono essere cassati dall’istanza superiore con conseguenze anche sulla definizione terminologica.

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Un tema collegato: limitazioni di movimento in caso di epidemia

Per concludere, si può richiamare una fattispecie penale che trova applicazione quando, nel contesto di un’epidemia, è necessario imporre restrizioni di movimento per contenere la diffusione del virus. In Italia, è quella dell’art. 650 CP (IT):

«Inosservanza dei provvedimenti dell’Autorità – Chiunque non osserva un provvedimento legalmente dato dall’Autorità per ragione di giustizia o di sicurezza pubblica, o d’ordine pubblico o d’igiene, è punito, se il fatto non costituisce un più grave reato, con l’arresto fino a tre mesi o con l’ammenda fino a duecentosei euro.»
(Art. 650 CP)

Rispetto agli articoli citati più sopra, qui il centro d’attenzione si sposta. In quelli, il bene giuridico tutelato era la salute pubblica; in questo, è l’ordine pubblico, oltre all’interesse protetto dalla disposizione eventualmente violata. Come si vede, può trattarsi di varie situazioni: tra queste, «ragioni di igiene.» E’ a queste ultime che ci si riferiva, quando, durante la pandemia di COVID-19, si applicava questo articolo nei casi di coloro che non rispettavano le limitazioni alla circolazione per ridurre il diffondersi del contagio. Il termine igiene si unisce così alla galassia terminologica che ruota intorno a un caso di epidemia. In Svizzera, questa fattispecie è definita nell’articolo 292 CP (CH):

Disobbedienza a decisioni dell’autorità – Chiunque non ottempera ad una decisione a lui intimata da una autorità competente o da un funzionario competente sotto comminatoria della pena prevista nel presente articolo, è punito con la multa.
(Art. 292 CP)

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Entrambi gli articoli, quello italiano e quello svizzero, hanno natura cosiddetta sussidiaria. Per solito, un ordine d’autorità prevede già una sanzione a carico di chi non lo rispetta. Nei casi in cui la sanzione non è prevista nell’ordine stesso, ci si riferisce allora sussidiariamente a questi articoli generali.

Diritto penale e medicina: conclusioni di metodo per la traduzione

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In conclusione, prendendo a pretesto il caso di una pandemia, ai fini della ricerca terminologica ricordiamo che:

  • Come abbiamo visto per i verbi cagionare e causare, espressioni che il linguaggio comune riconosce come sinonimi possono non esserlo nel linguaggio giuridico: in questo caso la differenza non è particolarmente influente, in altri può essere determinante;
  • Come osservato nell’esempio della legislazione svizzera, il rimando a leggi penali extracodicistiche può essere molto utile per il traduttore, quando deve definire il significato dei termini che costituiscono una certa fattispecie;
  • L’uso di un termine nel corretto contesto giuridico può essere più ristretto di quello fatto nel linguaggio comune e persino in altre scienze: in questi casi, consultare la giurisprudenza di legittimità permette di precisare l’uso e di trovare le formulazioni più corrette, per evitare definizioni incerte e fuorvianti.

Mentre tutti ci auguriamo di non doverci confrontare con nuove pandemie, osserviamo che consultare solo i codici può non essere sufficiente, per il traduttore che ricerca l’uso corretto di un termine, penale o civile. Le leggi extracodicistiche e le pronunce dei giudici di legittimità intervengono spesso a restringere o precisare il significato delle parole, anche censurando decisioni di altre istanze.

(Articolo pubblicato in originale il 17.3.2020, ripubblicato con aggiornamenti il 14.10.2024)

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Luca Lovisolo

Lavoro come ricercatore indipendente in diritto e relazioni internazionali. Il mio corso «Capire l'attualità internazionale» accompagna chi desidera comprendere meglio i fatti del mondo. Con il corso «Il diritto per tradurre» comunico le competenze giuridiche necessarie per tradurre testi legali da o verso la lingua italiana.

Commenti

  1. Alessandra ha detto:

    Buongiorno, la ringrazio per questo articolo, molto interessante, e lo dico da traduttrice medica, avendo avuto a che fare con qualche testo in merito. Ma devo aggiungere qualche considerazione a tutto questo.

    Nel notiziario Lei scrive: «La pandemia degli anni scorsi, che nessuno si augura di rivivere» e qui nell’articolo: «”Mentre tutti ci auguriamo di non doverci confrontare con nuove pandemie.»

    Ora, per amor di precisione tocca sottolineare che la pandemia è ancora in corso (l’OMS ha solo dichiarato terminato il periodo di emergenza in cui poco si sapeva del virus e ancor meno di come trattarlo), e allo stesso tempo è bello sperare che non compaiano altre pandemie, ma purtroppo il virus aviare è già diffuso nei mammiferi ovunque nel mondo e sta facendo il salto all’uomo, negli Stati Uniti. Per non parlare di Dengue, che si sta diffondendo in Italia, e altri virus, ma qui si va a trattare un argomento troppo vasto 🙂

    Correlato a entrambi i problemi vedo come sia stato facile per i governi in generale diffondere l’idea che la pandemia sia terminata; perché se dovessero applicare la definizione di epidemia colposa, cioè causata non per volontà ma per negligenza, imprudenza o imperizia, a tutto ciò che causa la diffusione di un’epidemia dovuta a un virus aereo come SARS-CoV-2, dovrebbero addossare a se stessi la cura di mantenere determinate prescrizioni (obbligo di mascherine sempre almeno negli ospedali, filtrazione dell’aria negli ambienti pubblici come ospedali, scuole) che costano, mentre l’idea che la pandemia sia terminata permette di addossare l’onere della difesa ai singoli cittadini (mascherine facoltative, filtrazione dell’aria praticamente inesistente).

    Ed è ancora un virus pericoloso, non è giusto che chi si reca in ospedale per curare altre patologie rischi una polmonite se non il decesso perché gli operatori sanitari ritengono che senza obbligo non sia necessario proteggersi e proteggere con una mascherina. L’unica cosa che hanno mantenuto è stata la vaccinazione (con un vaccino che non è ancora sterilizzante, ovvero protegge dagli esiti più gravi ma non impedisce la diffusione del virus), che nella maggior parte dei Paesi a mia conoscenza resta tuttavia consigliata (ad anziani, fragili, caregiver) e non più obbligatoria. Tra l’altro, negli ambienti istituzionali la filtrazione dell’aria è stata applicata, a mia conoscenza, sia in Camera e Senato italiani, sia nei corrispondenti ambienti negli USA e in UK, talvolta già dall’inizio del 2021! Quindi non è che non sappiano che il virus è aereo e che tali precauzioni servano 🙂

    • Luca Lovisolo ha detto:

      Grazie per queste utili precisazioni: è vero, la pandemia di COVID-19 non è ancora conclusa e purtroppo si continua a morire. Quando uso espressioni come «La pandemia che nessuno si augura di rivivere» mi riferisco alla fase acuta, quella che ha comportato serie conseguenze sulla quotidianità di noi tutti.

      Per il resto, l’articolo si riferisce a questioni di linguaggio, nella relazione fra diritto e medicina. Certo, se ne possono derivare molte altre considerazioni molto interessanti, come quelle che propone Lei. Sappiamo bene che i governi non sempre hanno reagito nel migliore dei modi allora, e anche oggi non mancano le polemiche. Tutto ciò, però, esula dagli intenti di questo articolo. Grazie per l’attenzione e buon lavoro. Cordiali saluti. LL

  2. Stefania Albrizio ha detto:

    Lei sa sempre offrire analisi e precisazioni di grande interesse. Nella mia vita ho sempre studiato con passione, senza sosta. I Suoi scritti sono per me un grande stimolo. Grazie di cuore.

    • Luca Lovisolo ha detto:

      Grazie a Lei. LL

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Luca Lovisolo

Lavoro come ricercatore indipendente in diritto e relazioni internazionali. Con le mie analisi e i miei corsi accompagno a comprendere l'attualità globale chi vive e lavora in contesti internazionali.

Tengo corsi di traduzione giuridica rivolti a chi traduce, da o verso la lingua italiana, i testi legali utilizzati nelle relazioni internazionali fra persone, imprese e organi di giustizia.

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