Attentato a Mosca, una lezione anche per noi

Conseguenze e significato dell'attentato al centro Krokus di Mosca
Mosca: attentato al Krokus e conseguenze | © Mosreg.ru (CC BY 4.0)

Mosca: conseguenze e significato dell’attentato del 22 marzo 2024, anche per noi in Occidente. Il ruolo del terrorismo sin dalla salita al potere di Vladimir Putin. La posizione dei servizi segreti russi e le accuse all’Ucraina. Le crescenti conferme della matrice islamica. La relazione con il posizionamento della Russia dopo gli attentati di Hamas contro Israele, il 7 ottobre 2023, e la situazione della Russia oggi.


Le immagini riprese all’interno del teatro del centro Krokus, a Mosca, dopo l’incendio seguito all’attentato di venerdì 22 marzo, potrebbero confondersi con quelle girate la mattina del 26 aprile 1986 dentro il reattore numero 4 della centrale nucleare di Černobyl’, dopo l’esplosione che ne proiettò in aria il tetto e lo ridusse a un ammasso di resti fumanti. I due tragici eventi non hanno nulla in comune, tranne l’essere effetto della sottovalutazione dei rischi ai quali la storia espone l’umanità, quando è guidata da dirigenti presuntuosi e disattenti.

L’attentato al teatro Krokus di Mosca e le sue tragiche conseguenze richiamano molti precedenti. Il più citato è la serie di esplosioni che nel 1999 devastò in Russia intere abitazioni civili. Se ne addebitò la responsabilità a terroristi islamici, ma indizi rinvenuti indussero a ritenere che fosse organizzata dai servizi segreti russi. Di certo, quegli attentati diedero il destro a Vladimir Putin per scatenare l’esercito contro i separatisti islamici che agivano in Cecenia e Dagestan.

In questa analisi: ripartiamo dalla >salita al potere di Vladimir Putin, avvenuta in una stagione di violenti atti terroristici in Russia. Parliamo della >posizione dei servizi segreti russi e del perché è stato possibile organizzare un attentato di tale entità a Mosca. Vediamo le ragioni per le quali il >terrorismo estremista colpisce la Russia e perché non è possibile ipotizzare una >responsabilità dell’Ucraina, sebbene Putin e la propaganda filorussa in Europa sostengano questa tesi. Concludiamo guardando a >quali lezioni insegna l’attentato di Mosca alla Russia e, soprattutto, a noi stessi.

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Il terrorismo e l’arrivo al potere di Vladimir Putin

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Pochi giorni fa ricordavamo l’arrivo al potere di Vladimir Putin, da sconosciuto funzionario a primo ministro e poi capo provvisorio dello Stato (>qui). Putin non avrebbe vinto le elezioni del marzo 2000, con le quali fu insediato presidente, se non si fosse imposto come uomo forte promettendo di far cessare quella stagione di terrore «andando a cercare i terroristi persino nel gabinetto,» come disse con un’espressione rimasta celebre.

Sulla scia di quel precedente, è circolata l’ipotesi che anche l’attentato del Krokus fosse montato dai servizi segreti russi. Con il passare delle ore, invece, la rivendicazione del gruppo terroristico Stato islamico e in particolare della sua sezione Khorasan ha trovato conferme. Molti elementi fanno pensare che l’attentato fosse davvero inatteso, per le autorità di Mosca.

La situazione creatasi nella comunicazione russa ha ricordato quella osservata dopo il fallito golpe del giugno 2023: la mancanza di una versione ufficiale, la confusione nelle redazioni, il lungo silenzio di Putin. Il noto sito d’inchiesta in lingua russa The Insider (>qui) ha accertato che i media di Stato, nelle ore successive all’attentato, hanno ricevuto l’avviso di un intervento pubblico di Putin per ben tre volte, ogni volta rinviato perché «il testo del discorso doveva essere riformulato.»

L’intervento del presidente si è fatto attendere 20 ore. Se l’attentato fosse stato preparato da settori dello Stato, la versione ufficiale per i media e il messaggio di Putin sarebbero già stati pronti. Non solo: la situazione della Russia di oggi è molto diversa da quella del 1999. Mosca era confrontata allora con il separatismo di regioni musulmane e viveva un singolare cambio di presidenza. Oggi è protesa nello sforzo bellico contro l’Ucraina e l’intero Occidente.

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Mosca, Krokus e conseguenze: attentato sfuggito ai servizi segreti?

Ci si meraviglia che a Mosca sia possibile organizzare un attentato alle spalle dei servizi segreti, a maggior ragione dopo gli avvertimenti giunti dagli Stati uniti. E’ ben possibile, invece, che i servizi russi non abbiano saputo fare un uso adeguato delle informazioni provenienti dai loro colleghi statunitensi. I servizi di sicurezza esercitano un controllo pervasivo sulla società russa. Possono arrestare in pochi minuti un dimostrante pro-ucraina sulla Piazza rossa o raggiungere a casa chiunque scriva in Internet un post sgradito al governo, ma questa capillarità non serve, per sgominare le bande terroristiche.

Si aggiunga che i servizi segreti russi sono concentrati da due anni sulla guerra in Ucraina. L’osservazione della scena terroristica è passata in secondo piano. Nota Aleksandr Čerkasov, dirigente dell’associazione per i diritti umani Memorial, intervistato dal canale indipendente in lingua russa Telekanal Dožd’ (>qui): «L’apparato è organizzato per garantire non la sicurezza dei cittadini, ma la stabilità del potere.» Non è escluso, tuttavia, che porzioni dei servizi segreti o altre componenti dello «Stato profondo» abbiano taciuto, o non si siano attivate per impedire l’attentato, a causa di contrasti tra fazioni. Uno scenario che si era verificato proprio durante il colpo di Stato del giugno scorso, quando si vide in chiaro lo scontro fra i circoli politico-affaristici che si spartiscono lo Stato russo.

L’ipotesi più semplice e forse più vera

In realtà, molti elementi suggeriscono che sia stata ignorata o quasi la possibilità che al centro Krokus potesse verificarsi un evento infausto. Il centro impiegava guardie disarmate. Vi erano uscite di sicurezza non agibili ed emerge che non tutti i sistemi di prevenzione antincendio e d’illuminazione di emergenza avrebbero funzionato, riferiscono diverse testate russe, tra cui il >Moskovskij Komsomolec. La legge impone di installare e mantenere efficienti tali sistemi, ma chi conosce la Russia sa che il rispetto della legge non è sempre la priorità di impresari e costruttori – non accade solo in Russia.

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Molte vittime dell’attentato al Krokus di Mosca sono state trovate asfissiate, in conseguenza del mancato funzionamento degli impianti di aspirazione dei fumi in caso di incendio, riporta >Fontanka.ru intervistando un esperto della materia. I soccorsi sono arrivati con forte ritardo. Si fanno molte ipotesi, ma la spiegazione più semplice e forse più vera è che mancassero piani di soccorso e di evacuazione adeguati, per un centro commerciale e d’intrattenimento di quelle proporzioni. Tutto ciò fa pensare a una tragica sottovalutazione strutturale dei rischi, piuttosto che a macchinose manipolazioni dei servizi segreti.

Mosca: attentato al Krokus, le conseguenze della matrice islamica

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D’altro canto, con il passare delle ore gli elementi che confermano la matrice islamica dell’attentato si sono fatti convincenti. La rivendicazione proviene da una fonte credibile e contiene informazioni non accessibili ad altri. Wassim Nasr, attento analista della scena terroristica islamica per il canale francese France24 (>qui), ha osservato che nelle ore dei fatti sono comparsi numerosi nuovi profili Telegram che duplicavano quelli abitualmente usati dal gruppo Stato islamico. E’ una pratica consueta di questo gruppo, quando organizza grossi attentati, moltiplicare i profili Internet per ovviare a possibili blocchi d’autorità, segnala l’esperto.

L’arresto dei quattro presunti colpevoli non convince ancora del tutto, invece. E’ vero che i tratti somatici di tre degli arrestati corrispondono alle riprese video diffuse dal gruppo Stato islamico. In uno Stato di diritto, però, prima di addebitare anche all’individuo più odioso un atto terroristico, si attendono prove più solide.

La prudenza sul caso è suggerita anche dai precedenti. Dopo ogni attentato, in Russia, si arrestano brutalmente possibili colpevoli, dal volto truce e di solito dai tratti caucasici o asiatici. Li si processa per direttissima con molto clamore e la Procura annuncia di aver chiuso il caso in tempo da record. Ciò, però, non fuga mai il dubbio sulle reali responsabilità dei fatti. Questa riserva non significa prendere le difese dei possibili attentatori. Significa ricordare che imputare a qualcuno la responsabilità penale soggettiva di un reato richiede più riscontri, ma sinora non se ne ha notizia.

La presunta responsabilità ucraina

E’ verosimile che il ritardo nella reazione di Vladimir Putin abbia spiegazione nella necessità di trovare un’argomentazione per attribuire la responsabilità dell’attentato all’Ucraina. Nonostante lo sforzo creativo, questa attribuzione stride come le unghie di un gatto che scivola giù da un vetro. Secondo la versione russa, i quattro presunti terroristi arrestati nella regione di Brjansk fuggivano verso l’Ucraina: ci sarebbe da ridere, se non fosse una tragedia. Tutta la frontiera tra Russia e Ucraina, anche nella zona di Brjanks, dove non si combatte, è presidiata da due eserciti contrapposti ed è sbarrata da linee di difesa militare.

Se anche gli ucraini avessero aperto un varco, come sostiene Putin, è ben difficile pensare che i quattro sarebbero riusciti a superare le linee russe, su un’auto della quale il mondo intero conosceva ormai il modello, il colore e persino il numero di targa. Foto e filmati di persone che collegherebbero l’attentato all’Ucraina si sono rivelati falsi grossolani. In queste ore, in Italia più che altrove, questi falsi accertati vengono diffusi in Internet da giornalisti e persino da candidati alle prossime elezioni europee.

La motivazione più forte contro il coinvolgimento ucraino, però, è politico-giuridica. Se emergesse che l’Ucraina ha organizzato un attentato di tale dimensione ai danni di civili, si tratterebbe di una violazione del diritto internazionale talmente grave che farebbe perdere all’Ucraina stessa tutto il sostegno occidentale.

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Mosca, Krokus: perché un attentato a matrice islamica e quali conseguenze

Le analisi degli eventi internazionali di Luca Lovisolo

Sul perché il terrorismo estremista e in particolare il gruppo Stato islamico del Khorasan abbia colpito Mosca si ricordano il passato sovietico e gli eventi seguiti alla caduta dell’Unione sovietica. In verità, gli attriti fra il mondo musulmano e la Russia rimontano secoli addietro, quando gli zar iniziarono le guerre di espansione dell’impero verso sud e sud-est.

Territori oggi appartenenti alla Russia e un tempo sovietici e imperiali, dall’Asia centrale al Caucaso, sono al centro dell’interesse del gruppo Stato islamico, che intende erigere un califfato nella regione. La carica d’odio dei gruppi estremisti contro la Russia è cresciuta con l’intervento di Mosca in Siria. A questo si aggiungono le scorribande delle milizie russe in Africa, che si alleano a diverse entità religiose africane, a dipendenza delle reciproche convenienze.

Ci sono fatti più recenti, però, che dovrebbero indurre la Russia e noi stessi a molte riflessioni. La Russia si pretende estranea e antitetica all’Occidente. L’attentato del Krokus ricorda a Putin che Mosca è esposta alle stesse minacce di Parigi, Bruxelles e New York. Dopo l’attacco contro Israele del 7 ottobre 2023, Mosca si è posizionata a fianco di Hamas, in coerenza con la sua posizione anti-occidentale. Ciò non la esonera dal cadere vittima di altri gruppi estremisti. Hamas non è il gruppo Stato islamico, lo «Stato islamico» non è il governo talebano dell’Afghanistan, il gruppo Stato islamico di Khorasan è cosa diversa dagli estremisti con i quali i russi si alleano a geometria variabile in Africa.

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Le alleanze sbagliate e le debolezze dell’Occidente

Mettersi a fianco di Hamas, come ha fatto la Russia, vuol dire invischiarsi in conflitti intestini dell’islamismo, in una contrapposizione con l’Occidente che non è solo una lotta armata. E’ una guerra culturale della quale la Russia e noi stessi dimostriamo di capire poco. La lezione vale anche per noi, in Europa e in tutto l’Occidente. Giornalisti, politici e persino facoltà universitarie diffondono un’irresponsabile ambiguità di pensiero verso il terrorismo, i regimi autoritari e le teocrazie.

Funzionari delle Nazioni unite sostengono apertamente le azioni di Hamas. Giornalisti e politici occidentali ammirano i regimi autoritari da Mosca a Caracas, passando per Pechino e Teheran. Intellettuali e docenti dichiarano la loro consonanza con i vecchi protagonisti del più sanguinoso terrorismo europeo. In particolare in Italia, ma non solo, la cronaca ha offerto di recente esempi tristemente significativi di queste sbandate. Persino la Chiesa, nelle parole di papa Francesco, mostra senza pudore la sua vicinanza ai regimi totalitari e neo-imperiali, come salvatori dal disordine del mondo. Non è una novità, ma un tempo il papato nascondeva questa attrazione dietro parole più prudenti. L’attentato di Mosca ricorda a tutti che la scelta per lo Stato diritto e la società laica e aperta non ammette compromessi.

Concludiamo con l’immagine che illustra meglio di ogni altra la deviazione del regime russo. Nelle stesse ore in cui condannava con parole solenni l’attentato di Mosca, Vladimir Putin firmava un decreto con il quale concedeva la grazia a due detenuti, condannati per dodici omicidi. I due hanno ottenuto la grazia come ricompensa per aver combattuto nella guerra in Ucraina. I casi di detenuti per reati gravissimi liberati per meriti di guerra si contano ormai a centinaia, almeno per quanto si ha notizia.

In uno Stato come la Russia, che ha perso ogni dirittura morale, pur di inseguire il sogno di un impero perduto, non deve meravigliare che quattro scellerati mettano a ferro e fuoco un teatro e i suoi occupanti, nell’impotenza generale.

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Luca Lovisolo

Lavoro come ricercatore indipendente in diritto e relazioni internazionali. Il mio corso «Capire l'attualità internazionale» accompagna chi desidera comprendere meglio i fatti del mondo. Con il corso «Il diritto per tradurre» comunico le competenze giuridiche necessarie per tradurre testi legali da o verso la lingua italiana.

Commenti

  1. Carla Della Beffa ha detto:

    Sto leggendo Il progetto della Russia su di noi. Mi chiedevo come si inserisce nella loro filosofia (Digin, Putin) delle civilizzazioni questo (relativamente) nuovo dato dell’Islam. L’articolo mi aiuta a capire ma credo che sia urgente un’analisi più approfondita. A livello personale, ma soprattutto culturale e politico (penso alle università e all’Onu, per cominciare). Grazie

    • Luca Lovisolo ha detto:

      Buongiorno,

      Grazie per aver acquistato il libro. Quella islamica è una civilizzazione, nella visione del mondo promossa da Dugin. Ciò che Dugin sottovaluta, a mio giudizio, è il potenziale di conflitto tra civilizzazioni, per rimanere nel suo linguaggio. La teoria del «mondo multipolare» promossa da Dugin ha lo stesso limite di quella dell’equilibrio di potenza: pensa che stabilire sfere più o meno equilibrate fra civilizzazioni e zone d’influenza prevenga il sorgere di conflitti. Questi, però, nascono anche per ragioni non riconducibili a una valutazione razionale degli interessi reciproci. Il sistema sovietico comunista, che pur era in sostanziale equilibrio con quello occidentale capitalista, crollò per la sua incapacità di soddisfare le aspirazioni al benessere della popolazione, fatte in gran parte di bisogni immateriali di realizzazione personale. L’elemento religioso è un’altra causa che vanifica ogni tentativo di equilibrio fondato su elementi oggettivi e razionali: chi è animato da una carica religiosa vuole imporre agli altri la sua visione del mondo per motivi dogmatici, incurante di ogni altro elemento, poco importa che la sua civilizzazione sia in equilibrio con le altre sotto altri punti di vista. Particolarmente nelle relazioni con l’islam, la mia impressione è che la teoria di Dugin sottovaluti questi aspetti. Cordiali saluti. LL

  2. Antonino Monaco ha detto:

    Buongiorno Dott. Lovisolo,

    Grazie per la sua analisi sempre fattuale e illuminata.

    Leggo però su diversi blog di persone che ritengo competenti – quantomeno eticamente professionali – che non è da sottovalutare la possibilità che l’attentato al Krokus sia da addebitare allo stesso FSB. Tant’è che circolano foto di personale individuato e vestito nello stesso modo (maglione blu e jeans) all’interno del teatro. Personale le cui foto sono poi state comparate con foto di altri eventi dove operava in maniera evidente il FSB. Ora, le foto di tali personaggi coincidono. Si potrebbe invero trattare di foto ad hoc preparate tramite AI… ma le coincidenze appaiono….

    Altra coincidenza… Come mai la polizia ha impiegato più di 20 minuti per intervenire quando esiste una caserma a 5 minuti dal Krokus?

    Infine, vero è che ove dovessero emergere verità tali da collegare l’Ucraina agli attentati questa potrebbero perdere l’appoggio dell’Occidente, ma il criminale Putin sta terrorizzando ogni giorno gli ucraini con attentati similari (l’unica differenza è che le bombe arrivano dall’alto… peraltro in maniera indiscriminata su obiettivi non militari). Nessuna voce dell’Occidente civile si leva al riguardo e ancora meno in Italia. Ma ciò è colpa sia della disinformazione e della guerra ibrida costantemente e da tempo condotta dai russi sulla nostra stampa e sulla opinione pubblica, sia del degradamento del livello culturale della popolazione scolarizzata. Opinione pubblica che in Russia appare inesistente o drogata dalla “mono-informazione” putiniana.

    Grazie e buon lavoro.
    Cordialità

    • Luca Lovisolo ha detto:

      Buongiorno,

      Grazie per il Suo apprezzamento. So che molti ipotizzano che l’attentato sia stato opera dei servizi segreti. Sulla base di elementi piuttosto oggettivi, che spiego nell’articolo, io non lo credo, e non sono il solo. I ritardi nella comunicazione e la confusione nelle ore successive parlano chiaramente di un evento inatteso per Putin e il suo sistema. I servizi segreti non sono un monolite: anch’essi sono attraversati da lotte tra fazioni, perciò, come per il tentato golpe di giugno, non si può escludere che parti dei servizi abbiano qualche responsabilità omissiva o commissiva. Se anche fosse, resterebbe cosa ben diversa dal dire che l’attentato è opera dei servizi in quanto organo dello Stato. Su queste cose è facile farsi prendere dal fascino delle dietrologie. Bisogna restare ai fatti, e sinora un’attribuzione allo FSB non è configurabile. Anche i ritardi nei soccorsi possono avere molte altre cause, non sono una prova diretta e nemmeno un indizio univoco. Provano anzi, a giudizio mio e di molti, la disorganizzazione di fronte a un evento non previsto.

      Non ho citato nell’analisi la questione degli uomini in maglione blu, perché nel frattempo sono stati identificati come privati cittadini estranei ai servizi, ma soprattutto per un altro motivo. In Russia (come in altri regimi simili) nei luoghi di assembramento ci sono sempre agenti dei servizi di sicurezza in borghese. Già prima della guerra, in Russia si notavano questi figuri, riconoscibili per il loro atteggiamento anche quando non sono in divisa. Se non erano i due uomini in maglione blu, sono pronto a credere che in quella sala vi fossero agenti dei servizi e che ciò sia normale. La differenza sta nel fatto che tali agenti non sono lì per proteggere i cittadini da possibili disordini, ma per proteggere il regime da contestazioni politiche che si possono sviluppare in luoghi affollati. Questi funzionari non intervengono in caso di attentato: non è il loro lavoro, non sono addestrati a farlo. Ritengo anzi probabile che abbiano proprio l’ordine di non fare nulla, in caso di «imprevisti.» Poco importa, perciò, il grado di veridicità di quelle fotografie. Un’attribuzione dell’attentato allo FSB richiede elementi più solidi – che forse non avremo mai – e soprattutto presupporrebbe di spiegare i molti indizi dai quali si desume, invece, che il fatto è giunto inatteso, per la dirigenza russa.

      E’ vero che la Russia uccide civili in Ucraina quotidianamente, ma l’Ucraina non può rispondere organizzando un attentato mirato ai civili, o si pone fuori dal suo diritto di difesa. Vi possono essere vittime collaterali di legittime azioni di difesa ucraine contro la Russia, ma un attentato mirato a uccidere civili inermi non è ammesso, nemmeno in tempo di guerra. Non si risponde a una violazione con un’altra violazione (vale anche nel diritto penale nazionale).

      Cordiali saluti
      LL

  3. Silvio ha detto:

    Grazie. Analisi, come sempre, preziose.

    • Luca Lovisolo ha detto:

      Grazie a Lei per l’attenzione.

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Luca Lovisolo

Lavoro come ricercatore indipendente in diritto e relazioni internazionali. Con le mie analisi e i miei corsi accompagno a comprendere l'attualità globale chi vive e lavora in contesti internazionali.

Tengo corsi di traduzione giuridica rivolti a chi traduce, da o verso la lingua italiana, i testi legali utilizzati nelle relazioni internazionali fra persone, imprese e organi di giustizia.

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