
Si sono svolti lo scorso 17 gennaio a Nerviano (Milano) i funerali di Lucio Morelli, attore e docente di teatro, nato a Napoli 84 anni fa. Era malato da tempo.
Lucio Morelli era una rara figura nella quale il talento artistico si combinava con una solida base culturale, oltre i confini della sua arte. Dopo la maturità classica, conseguita nella natale Napoli, si era laureato in architettura a Milano. Non abbandonò mai completamente la professione di architetto, pur se a Milano si era anche diplomato attore all’Accademia dei filodrammatici sotto la guida di Dora Setti, Esperia Sperani e Liuccia Beker Masoero. Oltre a numerose regie e partecipazioni in scena, la sua carriera attoriale è legata ai decenni in cui fu alla testa del Centro italiano ricerche teatrali «I rabdomanti,» fondato da Angelo Gaudenzi nel 1953, la cui direzione Morelli assunse nel 1984.
Il Centro svolge un’attività meritoria, per il teatro italiano: raccoglie copioni di nuovi autori e li presenta, con una propria compagnia di attori, in lettura scenica, una forma di rappresentazione che permette di far conoscere al pubblico nuove pièce senza gli impegni e gli investimenti richiesti da una messa in scena vera propria. Non sono rare le opere divenute celebri che sarebbero rimaste ignote al largo pubblico, senza l’attività de «I rabdomanti,» o che avrebbero faticato molto di più a farsi strada. Con carisma e competenza, Lucio Morelli dava anima e corpo a «I rabdomanti,» senza per questo risparmiarsi nell’insegnamento. Era docente di dizione e recitazione della scuola del Teatro Carcano di Milano e non si negava mai, quando associazioni culturali o gruppi di appassionati gli chiedevano di mettersi a disposizione come insegnante, anche in località discoste.
Era, Lucio Morelli, un attore e un docente vecchia maniera. Era capace di correggerti la dizione anche quando lo incontravi al bar. Quando si diffusero le prime agendine elettroniche, caricò sulla sua un elenco di vocaboli rari e di eccezioni alle regole della pronuncia italiana: se sorgeva un dubbio, estraeva prontamente il dispositivo dal suo borsello a tracolla anni Settanta e la risposta arrivava in pochi secondi. La sua impostazione era fondata su metodo e consapevolezza: recitare è una tecnica, un personaggio non si costruisce con uno spontaneismo fine a se stesso. Non meraviglia che questa visione severa non sempre gli facilitasse la partecipazione alle produzioni teatrali e televisive diffusesi dagli anni Ottanta in poi – e che imperversano ancora oggi – nelle quali il nome di grido sembra valere di più delle capacità tecniche degli attori. D’altra parte, chiunque sia passato come allievo attraverso le forche caudine di Lucio Morelli lo ricorda con gratitudine.
Su consiglio di un’amica, che me ne garantì il valore, nei primi anni Novanta mi iscrissi a un corso di teatro organizzato da un comune della campagna novarese, le lezioni si tenevano in un capannone in mezzo ai prati adattato a palestra. Il docente era Lucio Morelli, arrivava su una vecchia Citroën CX bianca. Nacquero un’amicizia e una collaborazione che durarono anni. Mi occupavo, allora, di organizzazione di eventi culturali e promossi numerose serate con Lucio e «I rabdomanti.» Di quel periodo mi resta fino a oggi il ricordo di una ineguagliata rappresentazione de «Le ultime lune,» pièce di Furio Bordon diventata celebre nel frattempo su molti palchi, in bocca a Marcello Mastroianni, Gianrico Tedeschi e tanti altri, dopo il primo, decisivo lancio verso il pubblico datole proprio da «I rabdomanti.» Eravamo al Teatro Galletti di Domodossola. La parte del protagonista era affidata a Luciano Beltrami, altra figura di rara sensibilità legata a quella compagnia. Anche a lui va, qui, un tenero, grato pensiero.
«Può arrivare una mattina in cui […] i ricordi sono più forti di te e, dunque… sacra quella mattina, e sacro anche quel vecchio […] che un giorno non si alzerà più dalla sua sedia, che troveranno con gli occhi chiusi, con le mani rigide sulle ginocchia, mentre la sua cuffia gli canterà ancora nelle orecchie un corale di Bach.»
(Da: Furio Bordon, Le ultime lune)
Abbiamo salutato Lucio Morelli durante una cerimonia funebre semplice, riscaldata dalla riconoscenza di decine di amici, collaboratori ed ex allievi, memori di una stagione di vita non ripetibile.