A chi appartiene la Crimea? La posizione della Russia sull’annessione del 2014 si può riassumere in tre punti. Per Mosca, il referendum e il passaggio di sovranità sarebbero serviti a prevenire violenze tra le popolazioni della penisola. Il quadro giuridico sulla sovranità della Crimea è chiaro. La sua storia è l’esito della presenza di molti popoli, tra i quali gli italiani.
Analizziamo gli argomenti portati dalla Russia a sostegno della tesi secondo cui la Crimea apparterrebbe alla Russia. Ascoltando le dichiarazioni dei dirigenti di Mosca nei giorni dell’annessione del 2014 e poi ribadite negli anni, la posizione della Russia si può riassumere nei punti seguenti:
- La Crimea sarebbe storicamente un territorio russo, perché è stata ceduta all’Ucraina solo nel 1954. Sulla penisola, che ha un ruolo strategico essenziale nel Mar Nero, la Russia ha sempre mantenuto una forte presenza militare, anche dopo la fine dell’Unione sovietica.
- La Crimea è popolata a grande maggioranza da persone di lingua ed etnia russa. La Russia ritiene di dover proteggere questa popolazione. In Ucraina, secondo Mosca, sarebbero presenti movimenti nazionalisti ucraini che potrebbero causare problemi alla popolazione di lingua russa.
- In Crimea si è tenuto un referendum sull’appartenenza della penisola all’Ucraina o alla Russia. Secondo i dati forniti da Mosca, la popolazione avrebbe scelto di passare alla Russia. Secondo il Cremlino, il referendum e il passaggio di sovranità sarebbero serviti a prevenire lo scoppio di violenze fra le etnie che popolano la penisola. Non torno qui sulla questione del referendum, già trattata in >questo articolo.
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A CHI APPARTIENE LA CRIMEA: LA QUESTIONE STORICA
La penisola della Crimea è stata conquistata dalla Russia nel 1783 e annessa formalmente nel 1784. Nei secoli precedenti, però, la penisola era centro di un khanato autonomo popolato da tatari, nella sfera dell’Impero ottomano. Per secoli, la costa meridionale della Crimea fu dominata dagli italiani delle Repubbliche di Venezia e di Genova. Sulla penisola esistono ancora le fortificazioni italiane, tuttora denominate «fortezze genovesi.» Costituiscono un’importante attrattiva turistica.
La Russia ha ceduto volontariamente la Crimea all’Ucraina il 26 aprile 1954, perché non era in grado di svilupparla, in mancanza di continuità territoriale. E’ vero che la lingua più parlata in Crimea è il russo. Tuttavia, i russi costituiscono la maggioranza assoluta da meno di un secolo, per effetto delle deportazioni volute da Stalin. In quel contesto, quasi tutti gli abitanti delle etnie non russe (in particolare i tatari) furono trasferiti a forza in altre regioni dell’Unione sovietica e sostituiti da coloni russi.
Sino al 2014, sulla penisola vivevano molti parlanti ucraino e una consistente minoranza di tatari, di religione musulmana. La minoranza tatara costituiva circa il 12% della popolazione, in alcune aree interne sfiorava il 30% (censimento del 2001). I tatari parlano una lingua di ceppo turco e non hanno gradito il passaggio della Crimea alla Russia, dalla quale li divide il difficile passato di esili e deportazioni, durante l’epoca zarista e nel periodo staliniano.
Dopo la cosiddetta annessione del 2014 da parte del regime di Putin, i tatari sono nuovamente stati indotti ad abbandonare la loro terra, o si sono allontanati di loro volontà per non subire i rigori del governo di Mosca. Al loro posto, Putin, come Stalin, ha insediato coloni russofoni.
La validità della cessione non è in discussione
Nel 1954 Russia e Ucraina erano entrambe parte dell’Unione sovietica, ma restavano entità giuridicamente distinte. La cessione, perciò, ebbe effetti sulla sovranità interna, ma non sulla sovranità esterna, poiché l’Unione era unica titolare della soggettività giuridica internazionale sia della Russia sia dell’Ucraina, come repubbliche sovietiche. Sulla popolazione, il passaggio da un’amministrazione all’altra ebbe ricadute meno sensibili di quelle che ha avuto nel 2014. All’interno dell’URSS, l’uniformità linguistica era garantita dall’obbligo del russo, il rublo era valuta comune e non vi erano frontiere interne.
Non vi sono argomentazioni giuridiche valide, per contestare l’efficacia del passaggio di sovranità sulla penisola, da Mosca a Kyiv, nel 1954. Nel 1991 l’Ucraina si è sciolta dall’Unione sovietica applicando il principio uti possidetis juris, cioè mantenendo le stesse frontiere che aveva come repubblica dell’Unione, includenti la Crimea. Dopo il 1991, anche per voce dello stesso Putin, la Russia ha ripetutamente riconosciuto tali frontiere in dichiarazioni e trattati internazionali.
E’ vero che, dopo la caduta dell’Unione sovietica e l’indipendenza dell’Ucraina, la Russia ha mantenuto in Crimea una forte presenza militare. Senza tale presenza avrebbe perso un essenziale punto di controllo sul Mar d’Azov e sul Mar Nero. Questa cooperazione era legittima e regolata da accordi con l’Ucraina che fino al 2014 hanno funzionato.
Una parte dei militari e unità navali russe che si sono prestati all’operazione militare di annessione aveva diritto di essere lì, ma non avrebbe dovuto agire come truppa d’invasione. Inoltre, in quei giorni, la Russia inviò in Crimea un gran numero di uomini armati e mezzi militari senza mostrine o altre identificazioni, benché provenienti con tutta evidenza dalla Russia. Queste unità non avevano nulla a che vedere con le truppe russe presenti sulla Penisola nel quadro degli accordi in vigore.
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A CHI APPARTIENE LA CRIMEA: LA QUESTIONE ETNICO-LINGUISTICA
La questione della lingua russa in Ucraina non si riduce a una contrapposizione schematica. La guerra sta mutando a fondo i rapporti linguistici. Un numero sempre maggiore di ucraini che prima si esprimevano in russo sceglie di parlare ucraino, per reazione verso la condotta violenta di Mosca. Sino al 2014, le comunità più numerose di lingua russa si trovavano a sud ed est del Paese; quelle di lingua ucraina prevalevano nelle altre regioni. La Crimea appartiene linguisticamente a una sfera propria.
Tuttavia, i confini tra le due comunità linguistiche non sono mai stati netti. Pressoché tutti gli ucraini si esprimono senza difficoltà in entrambe le lingue. L’ucraino è più diffuso nelle campagne, il russo nelle grandi città. Aggirandosi per le vie della capitale Kyiv, almeno sino a prima della ripresa dei combattimenti nel febbraio 2022, si sentivano parlare con pari frequenza sia il russo sia l’ucraino. Per comprendere quanto le due culture siano intrecciate, basta ricordare che alcuni grandi autori della letteratura russa – tra cui Nikolaj Gogol’ e Michail Bulgakov – erano in realtà ucraini.
Dal 1991, anno dell’indipendenza dall’Unione sovietica, la legislazione linguistica dell’Ucraina ha subito numerosi mutamenti. La questione del plurilinguismo ha sollevato controversie, ma, alla luce dei fatti, non si può affermare che sia stata causa di oppressione, discriminazione o violenza. Sebbene taluni tentino un paragone con i fatti del Kosovo, la situazione ucraina non è paragonabile a quella verificatasi nella ex Jugoslavia dopo la fine del regime comunista. Non esistono presupposti che avrebbero giustificato un intervento russo di autodifesa, per la presenza popolazioni russofone, secondo l’art. 51 della Carta ONU (la cui applicabilità in tali fattispecie è, d’altra parte, assai controversa).
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Nessun intervento umanitario
L’intervento russo non si potrebbe giustificare nemmeno come soccorso umanitario. Anzi: la Crimea è già amministrata dall’Ucraina in modo distinto. In quanto repubblica autonoma all’interno dell’ordinamento ucraino, ha una propria Costituzione, un proprio parlamento e proprie istituzioni, in ragione della sua particolarità storica ed etnico-linguistica. La Costituzione della Repubblica autonoma della Crimea riconosce all’art. 10, capoverso 2, il ruolo prevalente della lingua russa.
L’idea che la Russia abbia invaso e annesso la Crimea per prevenire violenze fra le etnie non è sostenibile. Ricorda, pur su un piano diverso, i deprecati argomenti della «guerra preventiva» cari a George W. Bush dopo gli attentati dell’11 settembre 2001. L’annessione illegittima da parte della Russia e tutto ciò che le è seguito ha invece acuito le tensioni fra le comunità linguistiche.
In conclusione: dal punto di vista giuridico, dal 1954 la Crimea appartiene senza dubbio all’Ucraina, per volere della stessa Russia. La sovranità russa sulla penisola è durata 171 anni. Sotto il profilo storico ed etnico, la penisola deve il suo sviluppo a molte popolazioni, in particolare ai tatari e alla lunga presenza italiana sulla costa meridionale.
La maggioranza assoluta etnica russa in Crimea si è formata da meno di un secolo e non per una naturale evoluzione, ma per effetto delle deportazioni volute da Stalin. Non è possibile, oggi, affermare che la Crimea sia Russia, se si tiene conto della realtà storica, etnica e giuridica del territorio.
(Articolo pubblicato in originale il 15.7.2014, ripubblicato con aggiornamenti il 28.4.2023)
Ciro.langella44@gmail.com ha detto:
Anche da noi convivono da sempre quelli che parlano tedesco e francese e italiano, senza problemi o liti di prevalenza. Grazie
Luca Lovisolo ha detto:
Infatti.
Katerina ha detto:
Salve, mi chiamo Katya, sono ucraina russofona. Mi è difficile confermare che ci siano le minacce verso i diritti degli ucraini russofoni. Potrei definire questi movimenti nazionalisti (in senso positivo, se cosi si può dire), magari radicali, però non costituenti alcuna minaccia verso i russofoni. Durante i secoli la lingua ucraina è stata sterminata, prima per mano dell’Impero russo e in seguito con una grande mano dell’Unione sovietica. Oggi, dopo 23 anni dall’indipendenza, finalmente il popolo si è risvegliato, inizia a capire a quale nazione appartiene, quale Paese, quale lingua… e le persone che preferiscono parlare l’ucraino aumentano. Tutto qui. I russofoni in Ucraina sono all’incirca di 50%, l’80% della stampa esce in lingua russa, i professori nelle università possono insegnare in russo. Sarebbe impossibile in qualsiasi modo di restringere i diritti dei russofoni, a meno che non ci fosse intrapresa una campagna di ucrainizzazione (che tra l’altro non succederà mai). Tutto il problema linguistico è il frutto del gioco politico, destinato a creare una guerra… Perché i russofoni e quelli che parlano ucraino o qualsiasi altra lingua si capiscono benissimo. Nulla minaccia oggi i russofoni. L’assurdità di questo problema linguistico è evidente.
Luca Lovisolo ha detto:
Grazie per questo contributo. Dal mio punto di vista, è proprio per queste ragioni che considero utile analizzare la situazione linguistica, perché, in realtà, è un pretesto per nascondere altre ragioni del conflitto. In Ucraina si assiste normalmente a programmi televisivi dove gli ospiti parlano entrambe le lingue e si capiscono senza interpreti, e ciò non costituisce un problema; anche per me è strano che la Russia giustifichi il suo intervento per difendere i russofoni dai nazionalisti ucraini, che comunque rappresentano una minoranza. Concordo con Lei, per ragioni culturali e storiche mi sembra davvero difficile poter «estirpare» la lingua russa dell’Ucraina. Per noi, in Occidente, questo quadro è molto difficile da interpretare. Grazie e cordiali saluti. LL