
Il sistema elettorale degli Stati uniti fa parlare spesso di sé, a ogni dibattito presidenziale. Perché il presidente degli USA non viene nominato semplicemente in base al numero di voti espressi su base nazionale? Se si conta la maggioranza semplice dei voti popolari, oggi sarebbe presidente Hillary Clinton, non Donald Trump. La questione torna d’attualità con i dibattiti verso le elezioni del 2020.
Il Presidente degli Stati uniti d’America viene designato da «grandi elettori,» il cui numero tiene conto della popolazione dei singoli Stati federali. Questo sistema mira a risolvere tre problemi emersi già durante la convenzione costituzionale del 1787. Il presidente non può dipendere dal congresso (parlamento), pertanto non deve essere eletto per via parlamentare; se il presidente venisse designato con la maggioranza semplice dei voti popolari, gli Stati più piccoli non avrebbero alcuna influenza. Quelli maggiori, con le metropoli più popolate, avrebbero per contro un potere eccessivo, nella nomina del capo dello Stato.
Una elezione popolare pura sarebbe esposta al rischio di manipolazione, i grandi elettori svolgono una funzione-filtro e se necessario possono… tirare il freno di emergenza, bloccando un candidato manifestamente inadeguato. Il funzionamento attuale del collegio dei grandi elettori è fissato nel dodicesimo emendamento della Costituzione USA (1804). Il sistema è spesso oggetto di critica negli stessi Stati uniti. Nessuno, però, è riuscito sinora a creare i presupposti per una modifica costituzionale.
Le tre questioni che nel 1787 preoccupavano i costituenti sono attuali ancora oggi. Per il principio della separazione dei poteri, il presidente ha bisogno di ampia autonomia, per svolgere la sua funzione esecutiva in una repubblica presidenziale; la composizione del collegio dei grandi elettori tiene sì conto della popolazione dei singoli Stati, ma secondo una proporzione più equa tra Stati grandi e piccoli; il pericolo di manipolazione è oggi, in un’epoca di analfabetismo funzionale e disinformazione mirata attraverso i media, più grande che mai. I grandi elettori hanno libertà di mandato: è successo più volte che singoli grandi elettori abbiano votato per un presidente diverso da quello per il quale erano stati designati.
Nel 1836 questa differenza influenzò l’elezione del vicepresidente, che mancò di poco la maggioranza richiesta. La scelta del presidente, tuttavia, non fu mai influenzata dai grandi elettori «infedeli.» Può accadere che il presidente eletto non coincida con il candidato che ha ottenuto la maggioranza popolare. Ciò non rende il risultato delle elezioni «non democratico.»
Un processo decisionale equo non può basarsi solo su maggioranze numeriche. Entrano in gioco anche elementi oggettivi, tra i quali la forma di Stato (federale, unitario…), ma anche la necessità di tutelare i diritti delle comunità più piccole e di evitare il pericolo di manipolazioni.