Gli errori di traduzione e «Open to meraviglia,» l’ormai nota campagna turistica italiana. Tra gli operatori del settore linguistico, l’uso della traduzione automatica basata sull’intelligenza artificiale ha suscitato indignazione e ilarità. Scopo di questa analisi non è dettagliare gli errori. Il fatto offre utili spunti sui processi di lavoro e sul futuro di chi si occupa di traduzione professionale.
L’uscita della campagna di promozione turistica italiana Open to meraviglia ha suscitato reazioni, particolarmente nel settore della traduzione professionale. Al centro delle discussioni vi sono, tra l’altro, proprio le traduzioni, realizzate con sistemi automatici fondati sull’intelligenza artificiale. La qualità del risultato, a giudizio generale, non soddisfa, contiene traduzioni errate e persino comiche.
Tralascio qui considerazioni sulle decisioni che possono aver prodotto un esito così lamentevole. A questo proposito osservo solo che l’intera campagna, dal punto di vista di chi si occupa di traduzioni e gestione di testi, sembra realizzata all’insegna del massimo risparmio di tempo e di denaro, poco curandosi dell’esito finale. Non mi addentro nemmeno nel dettaglio degli errori di traduzione presenti nei testi della campagna. Molti lo hanno già fatto. Su questo punto segnalo solo un dato. Nella normalità dei casi, un lavoro realizzato in questo modo causerebbe una violenta contestazione da parte del committente, molto prima che i testi giungano a pubblicazione, con la possibile prosecuzione della vicenda per vie giudiziarie.
Prendendo spunto da questo caso emblematico, mi concentro piuttosto su aspetti di tecnica e processo della traduzione. Infine, dirò cosa esso può insegnare, a mio giudizio, a noi che lavoriamo nel settore della traduzione e alla clientela del settore.
Le traduzioni non si decidono a caso: le domande da farsi
La richiesta più frequente di chi desidera tradurre un sito Internet o altri materiali di comunicazione si orienta in due direzioni. Tradurre solo in inglese («ormai lo capiscono tutti»), oppure tradurre nel maggior numero possibile di lingue, per raggiungere molti Paesi nella lingua locale. Queste richieste si basano su considerazioni elementari che producono quasi sempre esiti insoddisfacenti. I quesiti di partenza dovrebbero essere, invece:
- Quale genere di testo deve essere tradotto, per quali prodotti e quali destinatari;
- A quali Paesi, in dettaglio, si rivolge chi richiede le traduzioni?
Al primo quesito si può rispondere così. Se non vi sono alternative, un testo tecnico (ad esempio: il catalogo di un produttore di componenti meccanici) può essere tradotto solo in inglese (sono esclusi, naturalmente, quei testi tecnici la cui traduzione nella lingua del Paese di destinazione è obbligatoria per legge). Un testo tecnico si rivolge a un ambiente specialistico o a relazioni business to business, ossia a una clientela professionale. In generale, le descrizioni tecniche sono molto stringate e sono articolate in concetti facili da riconoscere anche per chi non padroneggia un inglese più elaborato.
Legga anche: >Il nuovo ruolo del traduttore nelle imprese |
D’altro canto, le descrizioni tecniche si compongono molto spesso di espressioni ripetitive. L’uso di sistemi di traduzione automatica può essere sensato, in questi casi, per sveltire il lavoro di chi traduce manualmente. Questi potrà limitarsi a una revisione finale del testo prodotto dalla macchina. E’ un processo consolidatosi ormai da anni, per questo tipo di testi, prima con i sistemi di traduzione assistita (Trados o congeneri) e, più di recente, con la traduzione automatica (fondata su intelligenza artificiale o su altre tecnologie).
«Open to meraviglia» ed errori di traduzione: i testi di comunicazione
I contenuti nei quali prevale un’esigenza di comunicazione e rivolti al largo pubblico richiedono scelte diverse. E’ il caso, tra gli altri, dei testi del settore turistico, anche di quelli della campagna Open to meraviglia. Devono toccare corde emotive, per motivare il lettore a visitare un luogo, assaggiare una specialità culinaria, acquistare un biglietto per un evento. In questi casi è tassativo rivolgersi al destinatario del messaggio nella sua lingua, ma ciò non basta.
Legga anche: >Errori nei segmenti pretradotti, chi ne risponde? |
Più che tradotto, il messaggio deve essere «transcreato» nella cultura di destinazione. La transcreazione (o transcreation) è «l’adattamento interlinguistico di testi pubblicitari e promozionali,» afferma Claudia Benetello, tra le maggiori esperte italiane di questa branca della traduzione, che prosegue:
«Tradurre è un po’ come viaggiare […] La pubblicità è un prodotto culturale e la cultura di un popolo è strettamente legata alla sua lingua: le visioni del mondo e gli stili comunicativi, infatti, sono influenzati dalle strutture linguistiche. Inoltre lo scopo della pubblicità è suscitare una determinata reazione da parte del destinatario, e il copywriting consiste proprio nello scrivere testi pubblicitari e promozionali in grado di persuadere il pubblico.» [C. Benetello, >fonte].
Si noti la relazione tra copywriting (cioè la scrittura del testo pubblicitario in lingua originale) e la resa del testo nella lingua di destinazione. E’ improbabile che si ottenga un risultato eccellente in una lingua straniera, se già i testi nella lingua di origine sono concepiti in modo frettoloso e poco mirato. E’ ciò che sembra essere successo nella campagna turistica italiana, in aggiunta agli altri problemi.
Oltre la traduzione: la ri-scrittura nella cultura di destinazione
Nella transcreazione si va oltre la traduzione. Si adatta il messaggio alla cultura di chi lo riceve per suscitare la reazione desiderata, emozionale e concreta. Il fine è indurre chi legge a una certa azione – in questo caso, recarsi in viaggio turistico in Italia. Per ottenere questo risultato, chi esegue la transcreazione deve conoscere a fondo la cultura alla quale si rivolge. Deve, di norma, vivere nel Paese destinatario ed essere nativo della lingua rispettiva. Deve saper cogliere i dettagli più sottili della cultura del luogo, conoscere la sensibilità morale, politica e religiosa degli abitanti, dominare persino le corde dell’umorismo locale, anche per evitare pericolosi qui pro quo.
Si può fare un esempio: un messaggio pubblicitario in inglese americano può non essere efficace allo stesso modo nel Regno unito. Il lettore britannico ne capirà il senso, ma il messaggio non toccherà le sue corde emotive, potrà farlo sentire escluso dalla comunicazione e suscitare reazioni negative. E’ questo, il grado di finezza richiesto nella traduzione, anzi transcreazione di testi di alto contenuto comunicativo. Se è già difficile essere convincenti verso una cultura diversa che parla la stessa lingua, si può immaginare quanto lo sia quando cambia anche la lingua.
Nessuna intelligenza artificiale è in grado di compiere questo lavoro. Anche fra le persone che si occupano professionalmente di traduzione, quelle che hanno il talento per cimentarsi in quest’arte sono una cerchia ristretta. Se la scelta della traduzione automatica può avere senso per testi tecnici, è errata e controproducente per i testi di comunicazione. Ciò può richiedere un elevato costo in tempo e in denaro, per realizzare l’adattamento di una campagna pubblicitaria. Un buon testo comunicativo non si ricrea in un’altra cultura in pochi minuti. Le persone capaci di svolgere questo lavoro con la necessaria professionalità, inoltre, hanno onorari corrispondenti alla loro rara qualificazione.
«Open to meraviglia:» deve esistere un ecosistema, per prevenire errori di traduzione
Si giunge così al secondo quesito citato poco sopra. A quali Paesi si rivolge la comunicazione? Per rispondere a questa domanda bisogna sapere in quali Paesi il committente della traduzione ha svolto attività introduttive e dispone di una struttura che sviluppi la sua attività sul posto. Il trattamento di un testo pubblicitario – nel caso di Open to meraviglia, una campagna turistica – che già per sé non tollera errori di traduzione, è parte di un ecosistema promozionale che deve esistere a monte del catalogo o del sito Internet oggetto della traduzione. In caso contrario, anche la miglior traduzione cadrà nel vuoto.
Per quanto concerne Open to meraviglia, bisogna supporre che l’Italia, nei molti Paesi in cui si parlano le lingue nelle quali la campagna è stata tradotta, disponga di uffici promozionali che si serviranno della campagna stessa per promuovere l’immagine del Paese come destinazione turistica. Se così è, un processo di traduzione e adattamento adeguato avrebbe suggerito di affidare proprio a tali uffici, l’onere di incaricare sul posto professionisti capaci di eseguire la transcreazione della campagna secondo le culture locali.
Cosa insegna questa vicenda, non solo a chi traduce per mestiere
Nel settore della traduzione la vicenda Open to meraviglia ha suscitato indignazione e ilarità. Tra i professionisti, il progresso costante dei sistemi di traduzione automatica causa motivate apprensioni, poiché sottrae lavoro a chi traduce manualmente. La débâcle di Open to meraviglia è stata vista come dimostrazione che nessuna traduzione automatica può sostituire l’opera di una persona in carne e ossa.
Ciò è vero, ma solo in parte. Bisogna ricordare che l’esito della campagna turistica italiana non è rappresentativo dell’uso dei sistemi di traduzione automatica, quale che sia la loro tecnologia di base. Nel processo di lavoro della campagna sembrano essere mancate alcune fasi che appartengono alle buone pratiche più elementari del settore. In particolare, se traduzioni così malferme sono giunte sino alla pubblicazione, sembra sia stato trascurato il passaggio di revisione a occhio umano dei testi prodotti dall’intelligenza artificiale.
Tale revisione (detta anche post-editing) avviene persino per traduzioni già svolte manualmente. Ciò vale in particolare per i testi destinati alla pubblicazione, considerata la facilità con la quale tutti possiamo commettere errori nello scrivere. A maggior ragione, il post-editing è necessario per le traduzioni generate da sistemi automatici. Anche al più distratto dei revisori non sarebbero sfuggiti errori imbarazzanti, come la traduzione del toponimo Camerino (città italiana delle Marche) con il sostantivo tedesco Garderobe (che indica il camerino degli artisti, in teatro, ma anche il guardaroba in cui si lasciano i cappotti, >qui.)
Legga anche: >Il cliente può modificare la mia traduzione? |
La traduzione automatica può fare meno errori di «Open to meraviglia»
Ciò per dire che l’uso consapevole della traduzione automatica, se accompagnato da tutte le fasi di processo necessarie, può generare testi migliori di quelli di Open to meraviglia. In certi casi possono avvicinarsi molto a quelli prodotti da chi traduce manualmente, soprattutto per i destinatari meno esigenti e se chi traduce «in carne e ossa» non ha una conoscenza approfondita dell’argomento della traduzione, perciò non può apportarvi un contributo che scenda sotto la superficie del testo.
In nessun caso, però, un’intelligenza artificiale può svolgere il lavoro di immedesimazione culturale del quale si è detto sopra a proposito della transcreazione. Anche il miglior sistema di traduzione automatica non possiede la capacità di esercitare un pensiero critico sul testo, per decostruirlo e ri-costruirlo nella cultura di destinazione secondo logiche complesse e sensibilità tipicamente umane.
Queste considerazioni non valgono solo per i testi pubblicitari. Se chi traduce in modo tradizionale vuole sopravvivere all’avanzata delle diverse tecnologie di traduzione automatica, deve essere in grado di cogliere le tessiture più profonde del testo di origine, anche in settori che possono sembrare molto lontani da quello pubblicitario, ad esempio nella traduzione di testi legali.
Nella traduzione giuridica, il divario culturale si manifesta nelle differenze di ordinamento fra gli Stati. E’ improbabile, oggi, che chi traduce un testo legale possa raggiungere l’eccellenza e superare i limiti della traduzione automatica, se non dispone di un’adeguata formazione giuridica. Solo così può cogliere le connessioni più profonde tra le fonti del diritto dei diversi ordinamenti, i sottotesti e i dati contestuali. L’intelligenza artificiale, invece, si ferma alla superficie del linguaggio.
Lo «sguardo neutro» di chi esegue la traduzione: una regola invecchiata?
L’esempio si può riportare su altri settori di specializzazione. Di fronte alla sfida portata dal progresso della traduzione automatica, i traduttori «umani» devono mostrare di saper prendere posizione sul testo. Se, come purtroppo ancora accade, si pensa che chi esegue una traduzione debba porsi con uno sguardo «neutro» rispetto ai contenuti, difficilmente la traduzione manuale vincerà sulla traduzione automatica, più veloce ed economica.
Agli occhi dei clienti che utilizzano i servizi di traduzione, la vicenda Open to meraviglia ha messo in luce la complessità del lavoro di internazionalizzazione. La traduzione di testi – turistici o di qualunque genere – deve essere vista come parte di un processo articolato, fondato su una strategia che motiva obiettivi e investimenti.
Il turismo è una componente delle relazioni internazionali. Il caso Open to meraviglia è uno dei tanti indicatori della trascuratezza con la quale si guarda all’elemento culturale, anche in altri settori delle relazioni economiche e politiche globali. Le conseguenze sono sotto i nostri occhi. La tecnologia ha ridotto le distanze fisiche tra i popoli, ma proprio per questo è cresciuto il valore identitario delle diversità culturali e la considerazione che queste esigono.
E’ vero che il progresso della traduzione automatica può sottrarre lavoro ai traduttori in carne e ossa, in alcuni settori. Proprio nella capacità di dominare dati culturali complessi, però, chi ha scelto di occuparsi di traduzione può offrire un contributo che nessuna intelligenza artificiale può eguagliare.
Claudia Benetello ha detto:
Grazie per la citazione e le belle parole, Luca!
Luca Lovisolo ha detto:
Il tuo lavoro sulla transcreazione è un riferimento.
Rossella Zugan ha detto:
Buongiorno,
grazie mille per questa analisi, sempre puntuale e utile. Avrei una domanda. Lei ha parlato di transcreazione, spiegandone con chiarezza il significato. Cosa si intende allora per “localizzazione”? può essere considerato un sinonimo o è qualcosa di ancora diverso? Grazie
Luca Lovisolo ha detto:
Gentile Rossella,
Grazie per il Suo apprezzamento. La localizzazione è una specie di transcreazione in tono minore per i software, le macchine utensili e l’elettronica di consumo. Comporta la traduzione dei messaggi generati dai programmi informatici o dagli apparecchi elettronici, affinché “parlino” nella lingua dell’utente. Può includere la traduzione della documentazione accompagnatoria degli apparecchi. Un altro settore molto comune nel quale si svolge la localizzazione è quello dei videogiochi.
Anche la localizzazione richiede un adattamento culturale (bisogna far sì che i messaggi che compaiono sul visualizzatore di una lavatrice, ad esempio, o su qualunque altra interfaccia utente, siano chiari per chi ne fa uso). Spesso, a tutela del consumatore, è obbligatoria per legge, se un produttore vuole vendere certi dispositivi all’estero. Viene svolta sempre più con sistemi automatici, poi verificata a occhio umano. Chi fa localizzazione deve avere qualche nozione tecnica di programmazione, poiché talvolta deve intervenire direttamente nel codice del software. Il tipo di adattamento linguistico e culturale richiesto, però, è molto meno esigente, rispetto alla transcreazione di messaggi pubblicitari. Cordiali saluti. LL