Il blog del traduttore: la risposta al quesito di un lettore che sintetizza i dubbi di molti. Quali contenuti trattare, nel blog? Per costruire la propria reputazione professionale, la presenza in Internet è insostituibile. Il blog può esserne la colonna portante ed è piuttosto semplice da realizzare tecnicamente. Pubblicare solo sulle piattaforme «social» comporta limiti e rischi. Stile, argomenti, errori da evitare.
«Il mio ‘problema’ è che non so di cosa parlare, in un blog, su Facebook o su Instagram. Mi interessano molto le relazioni internazionali, la politica, ma mi sembrano argomenti troppo sensibili e che comunque non credo interessino molto a dei potenziali clienti. Per me [tra inbound e outbound marketing] ritengo che la soluzione tradizionale sia la più abbordabile, o mi sbaglio?»
Fra le strategie di inbound e outbound marketing, analizzate nell’articolo precedente (>qui), non vi è una scelta alternativa, si integrano reciprocamente. Il problema non cambia: quale strada prendere, al momento di aprire un proprio blog professionale come traduttore? Concentriamoci, per sintesi, su questi elementi: contenuti e destinatari, stile, frequenza. Queste considerazioni possono valere sia per un blog vero e proprio sia per altre, analoghe presenze in Internet, da X (già Twitter) al profilo (o pagina) Facebook, sino al blog interno di LinkedIn.
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Aprire un blog come traduttore: contenuti e destinatari
Un blog professionale ha contenuti professionali e si rivolge ai potenziali clienti. E’ un’osservazione banale, ma non sempre la si ricorda. Nel settore della traduzione è frequente imbattersi in blog di traduttori che si rivolgono ad altri traduttori. Anche questo può contribuire ad accrescere la reputazione di un professionista, posizionandolo come persona stimata dai suoi colleghi. Il blog, però, ottiene i suoi migliori effetti se parla ai clienti, attuali e potenziali. Tenere un blog significa mostrare di conoscere e, soprattutto, di saper risolvere i problemi dei futuri committenti.
E’ una tendenza piuttosto diffusa, presso i traduttori, parlare dei lavori svolti. E’ una possibilità, per mostrare l’andamento della propria attività, premesso che ci si dovrebbe procurare sempre il consenso del cliente interessato, se viene citato nel testo o è riconoscibile dalle foto. Questo genere di contenuti, se non gestito con la massima prudenza, fa cadere facilmente nell’autoreferenzialità. Potrebbe essere utile limitarsi a usarlo solo in caso di incarichi davvero significativi, che «facciano notizia» nella quotidianità della professione.
Vi è una fonte di contenuti pressoché inesauribile, per chi si occupa di traduzioni, eppure poco sfruttata: abitudini, storia e curiosità dei Paesi in cui si parlano le lingue che traduciamo. Si può scegliere tra aspetti più «innocenti» e temi più sensibili. La politica e l’attualità sociale si possono trattare, purché lo si faccia con competenza e accettando possibili reazioni controverse. Tutti gli argomenti, in verità, presentano insidie, nella loro nicchia di coltura.
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I contenuti del blog: parlare a un pubblico di non traduttori
Un tema molto apprezzato da un pubblico non tecnico è la pratica della lingua. Parole curiose, errori frequenti, etimologia di termini insoliti, magari prendendo spunto dall’attualità… Si può spaziare dalla trattazione più spensierata sino all’analisi vera e propria. Per dare qualche esempio concreto da questo blog: nella sezione rivolta ai traduttori, uno degli articoli più letti anche da un pubblico non di settore è >questo, dedicato alle differenze tra i termini affitto, locazione e noleggio. Molto interesse ha suscitato anche >questo articolo, suggerito da un disastro del trasporto rimasto a lungo sulle prime pagine dei giornali.
Quando scrive sul proprio blog, un professionista dovrebbe mostrarsi capace di sottrarre il tema che tratta al vuoto chiacchiericcio che popola la Rete, proponendone una trattazione stringente, ma non per questo chiusa al dialogo. Su un blog professionale poche abilità sono così efficaci – ma altrettanto esigenti – quanto saper presentare nella sua essenza una tesi controversa, riportandola ai suoi elementi oggettivi dinanzi agli occhi del lettore.
Chi legge un blog percepisce la preparazione dell’autore dall’allure dei testi e dalla capacità di formulare analisi e soluzioni. Darà più fiducia al professionista che affronta i problemi sviscerandone gli elementi oggettivi (che esistono sempre, non è vero che «è tutto relativo») e dando risposte persuasive. Nell’aprire il suo blog, il traduttore sceglierà gli argomenti sui quali sa esprimersi in modo personale e consapevole. Chi vive di traduzione non dovrebbe avere difficoltà, nel reperire spunti di scrittura!
Contenuti personali e originalità nel blog di un traduttore
Una questione delicata è la pubblicazione di contenuti personali e familiari. E’ molto usuale, oggi, includerli nella comunicazione professionale. Soprattutto su Instagram, è invalsa la moda di parlare della propria vita privata: vacanze, interessi, attività dei propri familiari. Per chi decide di seguire questa strada, la regola suggerita dagli esperti di comunicazione è che ogni contenuto personale dovrebbe essere utile a far scoprire qualche aspetto della professione. Tutto è affidato alla misura e al buon gusto individuali.
I testi di un blog devono essere originali: cadere nella violazione della proprietà intellettuale altrui è facile e rischioso. Un elemento essenziale del successo di un blog è il suo posizionamento sui motori di ricerca, o SEO (Search Engine Optimisation). L’originalità dei contenuti è un elemento essenziale anche da questo punto di vista.
Per migliorare il posizionamento del proprio blog vi sono manuali, corsi e strumenti tecnici (ad esempio >Yoast SEO, per chi usa WordPress). E’ una materia da approfondire a parte, al momento di aprire un blog come traduttore, poiché determina anche il modo in cui si scrivono e si strutturano i testi pubblicati.
Blog e traduzione: linguaggio, frequenza e sfide
In diversi blog professionali si è diffuso uno stile ironico, fintamente «simpatico,» che scimmiotta certe modalità di comunicazione all’americana. Saper dire cose serie con ironia non è cosa da tutti. Lo stile e il linguaggio sono l’abito che indossiamo, per chi ci incontra in Rete. Nessuno, a un appuntamento con un cliente, si presenta in sandali e braghette.
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Quanto alla frequenza delle pubblicazioni, è difficile creare un legame con i lettori pubblicando meno di una volta al mese. I tempi di pubblicazione sui canali social, invece, sono molto diversi, dipendono dalla piattaforma e dalla strategia scelta. Può essere consigliabile farsi guidare da consulenti che conoscano le dinamiche dei diversi algoritmi di propagazione, per quanto comprensibili. Per regola generale sembra che conti più la regolarità di pubblicazione, rispetto a una maggiore o minor frequenza.
I problemi più ricorrenti dei blog professionali sono l’incostanza e l’abbandono. Nella fase iniziale può essere utile pubblicare con maggiore frequenza, ma senza eccedere. E’ bene che il traduttore abitui da subito i lettori a una frequenza compatibile con i suoi impegni, piuttosto che iniziare a pubblicare un contenuto ogni due giorni e smettere poco dopo, per mancanza di tempo o di argomenti.
Conclusione: partire da se stessi
Per trovare gli argomenti della propria presenza in Rete, in sintesi, il traduttore non avrà da far altro che porsi le stesse tre domande con le quali avevamo aperto questa piccola serie di articoli: chi sono io? Qual è il profilo del mio potenziale cliente? Quale valore aggiunto posso offrirgli? Articoli e post nasceranno dalla risposta a questi interrogativi. Ancora una volta, è negli elementi caratteristici del proprio profilo professionale, che si trova la strada verso un posizionamento adeguato sul mercato. La possibilità di mostrare ai propri lettori – cioè ai propri potenziali clienti – un profilo convincente, capace di emergere dalla massa, nasce da un saldo dominio della materia nella quale ci si propone come traduttori.
Vi sono traduttori che rinunciano al blog e preferiscono pubblicare contenuti su Instagram, Facebook e sulle altre piattaforme. Tutto ciò che pubblichiamo sui social è soggetto alle politiche delle imprese che li gestiscono. Un sito Internet e un blog resteranno sempre uno spazio di nostra proprietà esclusiva. Nei fatti, è preferibile usare le piattaforme social per propagandare il blog, pubblicando brevi estratti o rimandi, anziché affidare tutta la nostra comunicazione a piattaforme di terzi.
Nel prossimo articolo (>qui) conosceremo alcuni aspetti della costruzione di un lead, cioè di un contatto che mostri interesse ad affidarci un lavoro. A chi vuole approfondire, ricordo i manuali Tredici passi verso il lavoro di traduttore (>qui) e La nuova frontiera del traduttore (>qui).
(Articolo pubblicato in originale il 7.12.2015, ripubblicato con aggiornamenti il 20.12.2023)
Marianna Norillo ha detto:
Articolo utilissimo e grazie Luca per la condivisione. Qualunque sia il nostro lavoro, oggi non è più possibile prescindere dalla cura del personal branding e dalla gestione della presenza online. E che si scriva di argomenti di settore o di passioni, hobby e progetti collaterali, non importa. L’importante è esserci!
Luca Lovisolo ha detto:
Grazie per l’apprezzamento. Sono meno d’accordo sull’«importante è esserci» a qualunque costo, che mi ricorda un po’ «l’importante è che se ne parli.» Come ogni attività di marketing, anche la presenza in Rete ha le sue regole, dobbiamo «esserci» nei modi funzionali a ciò che vogliamo comunicare. Certamente, come dice anche l’interlocutore poco sopra, è possibile lavorare su una vasta gamma di temi, purché si abbia una salda consapevolezza degli obiettivi. D’altra parte ho citato i Suoi siti proprio perché mi sembrano interpretare in modo vario ma coerente il Suo profilo professionale. Cordiali saluti e buon lavoro. LL
Enrico Antonio Mion ha detto:
Articolo molto utile, altrettanto utile che i due commenti che precedono il mio. Ho iniziato il mio blog in settembre e ho deciso di pubblicare un articolo ogni mese. Per ora riesco a rispettare questa frequenza. Ho deciso di scrivere in inglese appunto perché voglio raggiungere il maggior numero di persone, e l’inglese è ahimè la lingua «standard.» Anche io mi chiedo spesso quanti errori grammaticali o stilistici ci siano nei miei blog… se ci sono errori, qualcuno me li indicherà. Ho sempre pensato che dovrei rivolgermi ai clienti, infatti il prossimo intervento sarà il primo di questo tipo. Ciononostante mi rivolgo anche ai traduttori e parlerò anche delle mie passioni, visto che sono in linea con le mie specializzazioni. Grazie per questo articolo molto utile e ricco di spunti.
Luca Lovisolo ha detto:
Grazie per il Suo apprezzamento. Certo, la scelta degli argomenti, a parte le necessarie considerazioni generali, deve essere valutata di caso in caso: se parlare ad altri traduttori, oppure descrivere e approfondire proprie passioni che diventano parte del proprio lavoro, è funzionale ad arricchire il nostro profilo dinanzi ai clienti, allora, con un adeguato dosaggio, è cosa utile e può anche essere molto efficace. In bocca al lupo. LL
Gabriella ha detto:
Per quel che mi riguarda, ciò che mi limita di più e che mi ha fatto mollare la spugna fin da subito è la necessità di scrivere un blog in inglese o in tedesco, essendo queste due le mie lingue di partenza. Se il blog serve ad attirare clienti, ha poco senso che lo scriva in italiano, visto che i clienti italiani hanno più frequentemente bisogno di traduzioni verso la lingua straniera. Non voglio scrivere articoli in inglese o tedesco che non siano linguisticamente perfetti, piuttosto preferisco non scriverli proprio, e allo stesso tempo non posso permettermi di fare revisionare i miei articoli ogni volta da un madrelingua. Cercare un collega a cui proporre una collaborazione del tipo «io correggo te, tu correggi me?» Sarebbe bello! Per ora non l’ho trovato. Gabriella
Luca Lovisolo ha detto:
Buongiorno Gabriella,
Grazie per le Sue considerazioni, alle quali posso rispondere per esperienza personale: alcune pagine di questo blog, infatti, sono scritte in una lingua diversa dalla mia madrelingua (>qui). All’inizio facevo rivedere gli articoli, come propone Lei, ma ben presto ciò mi è sembrato poco adeguato, non solo per questioni pratiche. Tutti noi, come traduttori, dobbiamo (sottolineo: dobbiamo) essere in grado di scrivere con proprietà grammaticale, stilistica e idiomatica almeno in una delle nostre lingue straniere di lavoro. Certo, scrivendo in lingua straniera può sfuggire più facilmente un’espressione poco idiomatica, un periodo meno felice di altri, qualche altra piccola svirgolata: se chi, madrelingua tedesca, leggendo il blog si accorge che non sono di madrelingua tedesca… non c’è problema, è la verità! Anche questo aspetto racconta qualcosa di me, come i contenuti, e certo non mi fa paura. Non essere di madrelingua non mi ha impedito, per tutta la vita professionale, di tradurre verso tedesco e francese testi anche di notevole complessità e delicatezza: quando il traduttore comincia a lavorare a stretto contatto con i clienti diretti (il tema di questi articoli), capisce rapidamente che il vecchio adagio «si traduce solo verso la propria madrelingua» è una canzone stonata, nel mondo reale. Nessuno ci chiede la souplesse di un romanziere o di un poeta, quando traduciamo verso la lingua straniera, ma la correttezza formale sì, e quella, in quanto traduttori, dobbiamo saperla dare, o non facciamo questo mestiere. Spesso si tratta di superare un blocco psicologico. Dal punto di vista pratico, poi, anche scrivere in una lingua diversa da quella in cui siamo cresciuti è un fatto di mestiere: si esercita e pian piano diventa naturale. Cordiali saluti. LL