Quando tradurre e asseverare documenti falsi comporta rischi per il traduttore. La risposta al quesito di una traduttrice esperta di traduzioni e asseverazioni che si è vista affidare la traduzione di un documento falsificato. Qual è il limite che determina la responsabilità del traduttore. I fondamenti del reato di falso. La relazione tra la pratica di legalizzazione e l’autenticità di un atto.
Un cliente privato mi ha affidato la traduzione e l’asseverazione di un titolo di studio emesso in uno Stato estero, per svolgere una pratica nel Paese in cui vivo e lavoro come traduttrice. Ho tradotto spesso attestati simili provenienti da quello Stato, che conosco molto bene. Da alcuni particolari nella riga delle generalità del titolare era evidente che il documento era stato falsificato. Una rapida verifica presso l’ente emittente ha confermato la falsità. Sono punibile, se lo traduco e lo assevero ugualmente? Sono obbligata a denunciare l’autore del falso?
Il quesito proviene da una traduttrice che tratta abitualmente atti pubblici e solleva interrogativi molto seri. E’ stato posto pubblicamente su una rete di socializzazione tedesca. Ha suscitato meraviglia il fatto che quasi tutti coloro che vi rispondevano sottovalutavano le conseguenze che comporta per il traduttore la traduzione e asseverazione di un atto falso. La convinzione più diffusa sembra essere che non sia compito del traduttore curarsi dell’autenticità dei documenti che gli vengono affidati, poiché l’asseverazione concerne solo la veridicità della traduzione del documento, non l’autenticità del suo contenuto.
Di principio, quest’affermazione è corretta. Bisogna ricordare, però, che qualunque atto pubblico, in questo caso un titolo di studio con valore legale, ha effetto costitutivo o dichiarativo di un certo stato di diritto e fa fede pubblica. La falsificazione di un atto è un reato per sé, ma è anche l’anello di una catena di violazioni successive, commesse utilizzando il falso.
Rispondiamo con ordine ai quesiti posti dalla traduttrice. Le situazioni possono variare di caso in caso e a seconda del Paese in cui avviene il fatto. Di necessità, le risposte che seguono hanno valore informativo generale e servono a richiamare l’attenzione su una fattispecie la cui gravità sembra sottovalutata. In presenza di un caso concreto, è sempre bene chiarire la circostanza con il proprio legale di fiducia.
Il falso: aspetti fondamentali del reato
E’ importante conoscere alcuni fondamenti del reato di falso. Falso materiale è un atto contraffatto o alterato in quanto sono stati falsificati i dati in esso contenuti, dopo la sua regolare emissione: date, firme o nomi sono stati abrasi o rimossi, con l’ausilio di strumenti fisici o elettronici, per sostituirli con altri. Falso ideologico è un atto che attesta il falso, pur essendo materialmente autentico: un atto di nascita attesta che il signor Tizio è nato nel comune di Belmonte; dati anagrafici, firme e supporto fisico (carta intestata) dell’atto sono materialmente autentici, ma non è vero che Tizio è nato a Belmonte. I reati di falso sono disciplinati dagli articoli >476 e seguenti del Codice penale italiano e dagli articoli >251 e seguenti del Codice penale svizzero.
Il caso presentato dalla traduttrice è un falso materiale: il nome del titolare del documento è stato cancellato e sostituito con un altro. Una falsificazione grossolana, facilmente riconoscibile, non inganna nessuno e non è punibile. Il falso del quale parliamo è stato realizzato con una certa cura e può ingannare chiunque non conosca le modalità tecnico-grafiche della formazione di documenti simili. La traduttrice ha rilevato l’anomalia grazie alla propria esperienza professionale. Questo dettaglio, come vedremo, è determinante, per circoscrivere la responsabilità del traduttore.
Il falso è punibile per se stesso, per il pericolo astratto che comporta verso la collettività, poiché lede la fede pubblica. Non è necessario che l’autore del reato falsifichi il documento a un fine specifico, ad esempio per procurarsi l’iscrizione a un corso di studi, l’ottenimento di un permesso di soggiorno o altro indebito vantaggio. Se, poi, utilizzando il documento falso, il reo agirà per commettere ulteriori illeciti, anche questi saranno perseguiti secondo il caso.
Tradurre e asseverare documenti falsi: responsabilità del traduttore
E’ vero che l’asseverazione attesta con validità di fede pubblica la veridicità della traduzione, cioè la sua fedeltà al testo in lingua originale, non la veridicità del contenuto del documento tradotto. Mentre traduce e assevera un documento falso, però, il traduttore si fa partecipe della condotta del soggetto che ha falsificato il documento.
Se il falso è realizzato in modo da essere ragionevolmente riconoscibile dal traduttore e questi, pur consapevole di ciò, traduce il documento e lo assevera dinanzi a un pubblico ufficiale, vi sono elementi per contestargli la complicità con l’autore del reato. Nel nostro caso, la traduttrice, esperta della traduzione di documenti e conoscitrice del sistema scolastico del Paese emittente, avrebbe a sua disposizione difese molto deboli. La falsificazione può sfuggire ad altri, ma non a lei.
Poco importa, in ciò, che al traduttore incaricato siano noti gli scopi per i quali il falso è stato realizzato. Se l’autore del falso utilizzerà il documento per ottenere prestazioni o diritti ai quali non avrebbe titolo, diventa più difficile stimare qui le conseguenze per il traduttore. Si dovrebbe conoscere il suo grado di consapevolezza e coinvolgimento nelle azioni successive alla traduzione e asseverazione. Non si può escludere di principio, però, che gli possa essere contestata la correità anche negli illeciti compiuti utilizzando la traduzione del documento tradotto.
La traduttrice che ha posto il quesito chiede poi se un traduttore è tenuto a denunciare il fatto, di fronte alla richiesta di tradurre un documento che riconosce falso. L’obbligo di denuncia per chi non ha qualificazione soggettiva di pubblico ufficiale è limitato a reati specifici, tra questi non vi è il reato di falso. Il traduttore, perciò, non è tenuto a denunciare.
Un principio diverso potrebbe valere in quei Paesi, come la Germania, dove si trova l’autrice del quesito, nei quali vige l’istituto del traduttore giurato: l’essere traduttori giurati conferisce poteri simili a quelli di un notaio, limitatamente alla traduzione di atti. La normativa è molto diversa da Paese a Paese, spesso da regione a regione. Se lo status di traduttore giurato abbia effetti sull’obbligo di denuncia, dinanzi alla scoperta di una falso, deve essere chiarito in base alle disposizioni locali e ai fatti materialmente accaduti.
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La legalizzazione: cosa dice sulla veridicità dell’atto
In aggiunta ai quesiti posti dalla traduttrice, ci si può chiedere se la presenza della legalizzazione potrebbe rassicurare il traduttore sull’autenticità di un documento. Come noto, la legalizzazione è richiesta, oltre la traduzione asseverata, per titoli di studio o altri atti emessi da enti pubblici, quando devono essere presentati ad autorità estere, con alcune eccezioni.
La legalizzazione attesta l’autenticità della firma del documento: non dice nulla, perciò, sull’autenticità di altre sue parti. Se su un atto di nascita già legalizzato si abrade o si altera elettronicamente il nome del titolare per sostituirlo con un altro, la firma dell’ufficiale di stato civile apposta sul certificato resta valida, ma il documento è materialmente falso.
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Il fatto che un atto giunga nelle mani del traduttore già provvisto della legalizzazione, perciò, non garantisce che tutto il resto del suo contenuto sia veritiero.
Rifiutare di tradurre e asseverare documenti falsi
Come si è visto, in senso generale, l’elemento discriminante per una possibile chiamata in correità del traduttore, di fronte alla richiesta di tradurre e asseverare un documento falso, è che possa ragionevolmente riconoscere la falsificazione, applicando le normali diligenze per la natura dell’attività che esercita, anche senza conoscenza degli scopi ai quali il documento stesso sarà utilizzato.
Riassumendo: il traduttore non è tenuto ad accertare l’autenticità di ogni documento che traduce e assevera. Tuttavia, se può riconoscere una falsificazione dell’atto che gli è stato affidato e procede comunque, potrebbe essergli contestata la correità nel falso, con le variabili dipendenti dalle circostanze fattuali e dall’ordinamento penale del Paese in cui si trova. A certe condizioni, potrebbe essergli addebitata anche la complicità negli illeciti compiuti utilizzando l’atto falsificato.
Infine, con le riserve espresse sopra, un traduttore non è tenuto a denunciare il fatto, se gli viene richiesto di tradurre e a maggior ragione di asseverare un atto falsificato. Farà comunque cosa saggia a rifiutare l’incarico in questione.
Rino F. ha detto:
Interessante quesito ma secondo me chi semplicemente rifiuta l’incarico sta solo esponendo un collega meno esperto al rischio di trovarsi invischiato in una denuncia per concorso in falso e sta agevolando il proprietario del documento fraudolento a proseguire con i suoi propositi contrari alla legge. Inoltre, espone anche il pubblico ufficiale che lo riceve, che potrebbe non rendersene conto o che, peggio ancora, potrebbe essere in combutta con il malintenzionato oppure potrebbe realizzare di trovarsi di fronte a un certificato falso e avviare la denuncia del caso, coinvolgendo anche il traduttore che pur avendo agito in buona fede, dovrà dimostrarlo. Consiglio di cercare su Google: «Gli atti falsi provenienti dal Brasile: dove li troviamo e come riconoscerli?» di Tiziana Piola, pubblicato sul notiziario ANUSCA. Mi interesserebbe leggere una Sua riflessione su quanto sia un problema etico o legale.
Luca Lovisolo ha detto:
Il fatto è avvenuto in Germania e concerne un titolo di studio. In Germania esiste la figura del traduttore giurato, che assevera le traduzioni da solo, come un notaio; se fosse avvenuto in Italia, il problema, mutatis mutandis, resterebbe.
Se ho ben inteso, Lei ritiene che il traduttore dovrebbe non solo rinunciare all’incarico, ma denunciare il falso, per evitare che altri possano subirne le conseguenze. Se lo fa, certamente compie un atto che risponde a senso civico (eviterei di scomodare l’etica…), ma la legge non lo obbliga. In ogni caso, va consigliata massima prudenza. Denunciare un falso non è come depositare una denuncia-querela contro ignoti quando ci rubano il portafoglio sull’autobus, cosa che possiamo fare tutti recandoci in una stazione di polizia. Di fronte a un falso, il caso è più complesso e la denuncia inevitabilmente coinvolge un soggetto attivo specifico a cui la falsificazione è attribuita, l’autore presunto del falso, che il traduttore giuocoforza conosce perché suo cliente. Se il traduttore vuole denunciare il fatto, la denuncia deve essere compilata con massima cura e con l’assistenza del proprio legale di fiducia. E’ bene che il traduttore sia reso attento sulle conseguenze di questo atto, che potrebbe scatenare un procedimento penale lungo e costoso; se poi il falso si rivelasse in realtà autentico o realizzato da altri, e l’imputato venisse assolto per non aver commesso il fatto o perché il fatto non sussiste, è concreto il rischio che il traduttore venga colpito a sua volta da una querela per calunnia. Va bene il senso civico, ma stiamo attenti al peso dei nostri atti. Il falso, d’altra parte, è procedibile d’ufficio: se del caso, la Procura agisce da sola senza condizione di procedibilità preesistente. Cordiali saluti. LL
Gabriella Maule ha detto:
Salve! La validità del documento estero si verifica tramite l’apostille, in vari Paesi usano con firma digitale elettronica ed essa si può verificare on line, nei link forniti dai Ministeri che la sottoscrivono, di solito nelle apostille di certi Paesi i documenti legalizzati sono scannerizzati e inclusi dentro i pdf. Nei programmi di visualizzazione pdf, a sinistra, vi e un icona con forma di clip.
Luca Lovisolo ha detto:
E’ tutto molto interessante, ma stiamo parlando di un caso diverso. Certamente le firme elettroniche e gli strumenti che Lei indica possono aiutare a prevenire falsificazioni. L’articolo, però, si riferisce a un molto più comune caso di falsificazione artigianale, se pur alquanto ben riuscita, di un documento cartaceo scannerizzato. Un tale falso è facilmente realizzabile da chiunque sia minimamente esperto dell’uso di software ormai molto diffusi. Si parla di falso materiale del contenuto dell’atto, non di autenticità della firma. Preciso ancora, infine, come spiego anche nell’articolo, che l’apostille dell’Aja non dice nulla sulla veridicità del contenuto del documento, ma attesta solo l’autenticità della firma. Il documento può essere alterato anche dopo l’apposizione dell’apostille. Cordiali saluti. LL