Bielorussia, dittatura e nuove frontiere della provocazione. Un aereo europeo dirottato dimostra che i regimi autoritari riguardano anche noi. Sappiamo quali Stati sorvola l’aereo sul quale voliamo? Il dirottamento fa passare il principio che ogni aereo civile può essere costretto ad atterrare per ordine politico. Nella fase finale della pandemia, cominciano a emergere i nuovi rapporti di forza globali.
Ciò che è accaduto il 23 maggio 2021 nei cieli della Bielorussia non riguarda solo i moti di protesta in quel Paese contro il capo dello Stato, Aleksandr Lukašenko, al potere da quasi trent’anni. Mette in discussione la sicurezza internazionale del volo civile ed è un nuovo tassello dello scenario post-pandemia. Testimonia come gli Stati autoritari diventino ogni giorno più invadenti, senza essere adeguatamente contrastati dall’Occidente.
Il fatto in breve: un aereo europeo della compagnia Ryanair viene dirottato mentre attraversa lo spazio aereo della Bielorussia, volando da Atene a Vilnius. Sta compiendo un volo interno all’Unione europea, benché la rotta attraversi un Paese terzo.
Su quel volo si trova anche Roman Protasevič, un giovane giornalista molto sgradito al regime di Lukašenko. Perseguitato politico nel suo Paese, è attualmente domiciliato in Lituania e beneficia di protezione umanitaria. L’aereo viene fatto atterrare a Minsk, con il pretesto di un allarme bomba, il giornalista e la sua compagna vengono arrestati.
L’aereo riparte dopo sette ore per Vilnius, ma i passeggeri in meno sono sei (secondo altre fonti, da cinque a otto). Il giornalista Tadeusz Giczan di Nexta, ripreso da numerose testate tedesche e francesi, segnala che tali persone avrebbero cittadinanza russa. Questa informazione è poi confermata dalle autorità greche. E’ forte il sospetto che fossero agenti dei servizi segreti bielorussi o russi, incaricati di seguire e catturare Protasevič, per questo motivo sono rimasti a Minsk senza proseguire il volo verso l’Unione europea, dove forse sarebbero stati arrestati.
Il dubbi sollevati dal dirottamento
Responsabile della sicurezza su un aeromobile in volo è il comandante. E’ lui che decide il da farsi e, in caso di emergenza, può persino ignorare le istruzioni da terra e agire come ritiene più adeguato. Se le autorità bielorusse erano al corrente della presenza di un ordigno a bordo dell’aereo, dovevano informarne il comandante, mettersi a sua disposizione e lasciare a lui la decisione sulla condotta da attuare. I casi in cui uno Stato può imporre l’atterraggio a un aeromobile a cui ha regolarmente concesso l’attraversamento del suo spazio aereo si limitano a poche circostanze, che non ricorrono in questo caso.
Al momento del fatto, l’aereo si trovava ormai a poca distanza dalla sua destinazione, stava uscendo dallo spazio aereo della Bielorussia per prendere terra nella capitale della Lituania, situata a poca distanza dalla frontiera bielorussa. Per atterrare in emergenza a Minsk, l’aereo ha dovuto invertire la rotta e percorrere un lungo tratto, prima di raggiungere l’aeroporto bielorusso. Se davvero a bordo vi fosse stata una bomba, ciò avrebbe esposto tutti i passeggeri a ben maggior pericolo.
La trascrizione dei dialoghi tra l’aereo e l’aeroporto di Minsk, pubblicata nel frattempo, testimonia che i piloti hanno tentato di resistere all’ordine di atterraggio. Vista la loro resistenza, però, il governo bielorusso ha fatto affiancare l’aereo da un aviogetto militare: a questo punto, confermano gli esperti di volo, il comandante non ha avuto alternativa, poiché opporsi all’intercettazione da parte di un aereo militare espone al rischio di essere abbattuti.
E’ importante spiegare più in dettaglio la gravità del fatto, perché, se non sanzionato, diventa un precedente capace di rendere insicura la navigazione aerea ovunque. In quanti sappiamo quali Stati sorvola l’aereo nel quale ci troviamo, quando viaggiamo per lavoro o per diletto? Forse in pochi. Confidiamo tutti che i Paesi che sorvoliamo rispettino i trattati internazionali sul traffico aereo e sulla sicurezza. Le seguenti deduzioni saranno utili in particolare a chi si ostina a credere che i regimi autoritari siano un problema degli altri.
Bielorussia, dittatura: perché ci riguarda tutti
Nel caso dell’aereo Ryanair, agenti dei servizi segreti di Paesi autoritari hanno seguito un individuo in territorio europeo, ne hanno spiate le mosse e le comunicazioni; sapevano su quale aereo si stava imbarcando, hanno acquistato dei biglietti per lo stesso aereo e vi hanno presto posto, senza destare alcun sospetto, come parte di un’azione per catturarlo.
In dispregio di ogni accordo internazionale sulla navigazione aerea, poi, uno Stato autoritario ha costretto quell’aeromobile civile straniero ad atterrare sul proprio territorio, ne ha fatti scendere i passeggeri e ha arrestato, in questo caso, un proprio cittadino; avrebbe potuto arrestare anche tutti gli altri: non lo ha fatto, ma li ha sottoposti a controlli, a una sosta forzata di sette ore e a ingiustificate limitazioni della libertà personale in un Paese nel quale non avevano alcuna intenzione di recarsi. Stavano legittimamente sorvolando il territorio di quello Stato su un mezzo di trasporto di linea che non aveva commesso alcuna violazione.
Il dirottamento compiuto dal regime bielorusso fa passare il principio che un aereo civile può essere costretto all’atterraggio con un pretesto, per ordine politico, mentre sorvola uno Stato autoritario. I passeggeri, di qualunque nazionalità, rischiano, nella migliore delle ipotesi, di perdere mezza giornata chiusi nell’area transiti di un aeroporto; nella peggiore, di essere interrogati, perquisiti o arrestati in un Paese dove non esistono le garanzie dello Stato di diritto e accordi di assistenza giudiziaria con il loro Stato di origine.
Alcune circostanze aggravanti
La pesantezza dell’accaduto è accresciuta da alcuni macroscopici elementi giuridici. Il giornalista dissidente bielorusso arrestato, Roman Protasevič, è sotto protezione umanitaria, status che aggrava l’evento del suo arresto. Se le immagini diffuse dai media corrispondono, l’aereo coinvolto è identificato con la sigla SP-[…] ed è pertanto registrato in Polonia, per la filiale polacca di Ryanair. Per questo motivo, sia in volo sia a terra sino all’apertura del portellone, è territorio polacco. Ciò significa che gli agenti dei servizi segreti bielorussi (o russi) presenti sul velivolo sin dal suo decollo da Atene hanno condotto un’operazione di polizia ed eseguito un arresto operando illegalmente in territorio europeo, come se si fossero trovati per le strade di Varsavia o di Milano.
In più, poiché un aereo è territorio del suo Stato di registrazione, se durante il volo, per qualunque motivo, interrompe il tragitto posandosi in un Paese terzo, deve ripartire con gli stessi passeggeri che vi si trovavano alla partenza. A meno che la mancanza di viaggiatori non sia dovuta a ragioni specifiche, ad esempio a motivi di salute, nessuno è titolato a sottrarre persone alla giurisdizione dello Stato di registrazione dell’aeromobile. Invece, nel caso dell’aereo Ryanair, alla ripartenza mancavano il giornalista bielorusso e la sua compagna, arrestati, e altri passeggeri, evidentemente coinvolti nell’operazione del loro arresto.
Pur considerando che il personale dell’aereo ha agito sotto inaudita pressione, restano domande aperte anche sul ruolo della compagnia aerea: almeno in base alle informazioni disponibili, il comandante non richiesto l’intervento delle autorità consolari; non è chiaro, poi, cosa significa la frase con cui il personale dell’aereo, secondo le testimonianze, avrebbe risposto a Protasevič, che implorava di non essere costretto a scendere: «Non possiamo rifiutare, sono i nostri accordi legali con la Bielorussia.» L’aviazione civile e il diritto penale internazionale sono regolati da trattati di diritto pubblico fra Stati, quali «accordi legali» privatistici ha contratto la compagnia aerea, che prevarrebbero sulla legislazione internazionale?
Bielorussia, dittatura e sanzioni europee
Le sanzioni decise dall’Unione europea per colpire il regime della Bielorussia, dopo questo grave fatto, sono pesanti. E’ un bene che l’Europa abbia finalmente detto basta: con il dirottamento dell’aereo Ryanair, Bielorussia e Russia hanno superato il segno. Persino l’Italia, questa volta, sembra aver rinunciato alle mezze parole tipiche dei governi di Roma verso i regimi autoritari.
Il blocco aereo teso dall’Europa intorno alla Bielorussia sembra funzionare, ma c’è una variante: la Russia, nei giorni successivi, ha bloccato alcuni voli provenienti dall’Europa, diretti a Mosca, che avevano rifiutato di sorvolare la Bielorussia, vietando loro di accedere allo spazio aereo russo da un ingresso alternativo. I passeggeri sono stati costretti a rientrare all’aeroporto d’origine e a trovare altre vie di transito.
Con questo atto il Cremlino si è esposto come protettore della Bielorussia: che il regime di Lukašenko reggesse ormai solo grazie al sostegno di Putin era cosa nota; il dato nuovo è che il supporto si spinge sino a chiudere i cieli della Russia ai Paesi che contestano il governo della Bielorussia per il dirottamento dell’aereo Ryanair.
Comminare sanzioni alla Bielorussia comporta difficoltà oggettive che non si possono nascondere, anche per l’Europa. Aggirare il Paese nelle rotte aeree comporta l’allungamento dei tempi di viaggio, più consumo di carburante e maggiori costi. Rendere difficili i voli tra Minsk e l’Europa significa mettere in difficoltà le imprese che svolgono attività in quella regione e la numerosa comunità di bielorussi che vive in Occidente. Vuol dire togliere forse l’ultimo mezzo rimasto a chi vuole fuggire dai rigori del regime di Lukašenko. Questi argomenti sono molto seri, ma non devono diventare un pretesto per l’inazione.
I difensori del regime bielorusso
E’ triste osservare che la condotta della Bielorussia ha trovato puntualmente i suoi difensori: sulle reti di socializzazione non è raro imbattersi in commenti di persone ed «esperti» che richiamano a sproposito eventi precedenti, simili all’apparenza ma in realtà diversi in fatto e in diritto. In particolare, viene citato un caso del 2013, quando l’aereo sul quale volava il presidente della Bolivia, Evo Morales, dovette atterrare a Vienna per la sospetta presenza a bordo di Edward Snowden, ricercato dalla giustizia degli Stati uniti. Il caso è apparentemente simile e si presta a essere citato come precedente a fini di propaganda. Innanzitutto, l’aereo del presidente boliviano non era un aereo civile di linea.
Inoltre, l’aereo di Morales non fu dirottato, gli fu negato l’accesso allo spazio aereo di alcuni Paesi europei: i governi hanno diritto di negare l’accesso ai loro cieli a un aeromobile. Si possono discutere le motivazioni del blocco, prettamente politiche, ma non la sua legittimità di metodo. Nel caso dell’aereo Ryanair, invece, la Bielorussia ha prima autorizzato un aereo civile a volare nel proprio spazio, poi, con un inganno e con l’uso della forza militare, lo ha costretto all’atterraggio, ne ha fatti scendere e perquisiti i passeggeri.
Le insinuazioni sul giovane arrestato
Ciò supera i poteri di uno Stato che permette a un aereo di entrare nei propri cieli, e, secondo le convenzioni internazionali, non deve interferire nel suo volo. In ogni caso, quand’anche si trovassero precedenti totalmente analoghi, questi né scuserebbero né attenuerebbero la gravità del fatto di Minsk.
Altri affermano che il giornalista bielorusso sarebbe un terrorista, un agente al soldo dell’Occidente o un pericoloso neofascista. Queste tesi non trovano riscontri univoci e, comunque, nulla hanno a che vedere con la gravità del dirottamento, che va molto oltre la situazione soggettiva del diretto interessato.
La realtà è che Protasevič rischia da anni la vita per opporsi alla dittatura del suo Paese e per questo motivo risiede all’estero sotto protezione umanitaria. Se si conosce il quadro dei Paesi postsovietici e dei dissidenti che si oppongono ai loro regimi, si osserva che il profilo del giovane blogger bielorusso non si distingue da altri. Presenta luci e ombre, come Aleksej Naval’nyj, del quale ho lungamente parlato in un precedente articolo (>qui). Come avevo già osservato per il più celebre oppositore russo, il tentativo di classificare gli oppositori dell’Est Europa secondo le categorie politiche usate in Occidente è un’arrampicata sugli specchi, generalmente motivata da intenti propagandistici e da scarsa conoscenza di quelle realtà.
Intanto, il giovane giornalista bielorusso arrestato è comparso prima in un video, girato in carcere sotto il comando dei suoi aguzzini. Il suo volto sembrava portare, mal celati da prodotti cosmetici, segni di contusioni e maltrattamenti. Successivamente, la TV di Stato bielorussa ha diffuso un’umiliante intervista al giovane, costretto ancora una volta ad ammettere di aver agito contro il regime e ad adulare il capo dello Stato, che ha definito «un uomo con le palle d’acciaio.» Secondo tutti i suoi conoscenti, tali dichiarazioni non possono che essergli state estorte. Durante l’intervista, mostrava visibili ferite ai polsi.
Legga anche: Bielorussia, proteste: la situazione un anno dopo |
Quanto all’atteggiamento dei media, in Italia il dirottamento è stato trattato assai sottotono, rispetto alla sua gravità, mentre i notiziari di altri Paesi ne riferivano in apertura e gli dedicavano ampio approfondimento. E’ vero che nelle stesse giornate i media italiani erano concentrati sul disastro della funivia Stresa-Mottarone, ma, mentre a Minsk si vivevano le ore più calde, nelle pagine esteri del principale canale TV di informazione continua italiano i fatti della Bielorussia non comparivano o venivano ripresi di sfuggita. La situazione, nelle ore successive, è migliorata di poco. Il semioscuramento dei fatti di Minsk sui media italiani ha le consuete, note ragioni politiche.
Le interpretazioni possibili
Nei giorni successivi ai fatti, si sono moltiplicate le analisi di molti osservatori. Secondo taluni, l’arresto del giovane giornalista non sembra giustificare il dirottamento di un aereo: Protasevič è un abile blogger e attivista politico, ma non pare in grado di impensierire Lukašenko al punto da esporre il suo Paese al rischio di totale isolamento.
Vi è chi ritiene, pertanto, che il dirottamento sia avvenuto in realtà su istigazione di Mosca, come atto per alzare il livello della guerra ibrida in corso ormai da anni contro l’Occidente (ne parlo nel mio libro «Il progetto della Russia su di noi» >qui). Secondo altri, il dirottamento sarebbe stato deciso dai bielorussi; a cose fatte, poi, i russi lo avrebbero colto come occasione d’oro per stringere definitivamente Lukašenko in una posizione di totale asservimento a Putin, spegnendone anche le occasionali sparate sovraniste.
Sono tutte interpretazioni possibili, gli elementi costitutivi ci sono. Da parte mia, sono poco propenso a elaborare spiegazioni complesse, quando si tratta di giudicare gli atti degli autocrati odierni. La loro prepotenza fa intendere che siano provvisti di intelligenza e lungimiranza superiori. Nella realtà, si tratta generalmente di uomini abili nella tattica e nella dialettica, ma dalle visioni strategiche semplicistiche e con una formazione inadeguata, rispetto alle poltrone che occupano.
Lukašėnka e Putin hanno sottovalutato le conseguenze
Non mi sento affatto di escludere che Lukašenko abbia sottovalutato le conseguenze del dirottamento di un aereo europeo, perché erroneamente convinto che l’Occidente avrebbe lasciato fare; oppure, perché non in grado di valutare il quadro giuridico delle violazioni compiute o, ancora, perché ha ignorato chi gli consigliava di lasciar perdere. In Protasevič e fidanzata ha catturato due figure non di primissimo piano, ma l’arresto e l’inqualificabile intervista al giovane giornalista, diffusa con grande clamore, sono un sinistro avvertimento a tutti i dissidenti che fanno opposizione da fuori della Bielorussia.
La bravata, questa volta, rischia di costargli cara, ma lui non lo aveva previsto: può sembrare strano, ma se si osservano da vicino le mosse e le vite di questi moderni condottieri autoproclamati, se li si sente ragionare nella loro sintassi sbocconcellata, non è impossibile che sia andata così. Putin si colloca molti gradini più in alto di Lukašenko, non c’è dubbio, ma che i due possano ordire il dirottamento di un aereo, e anche molto altro, sottovalutandone le conseguenze, è una possibilità tutt’altro che remota e non senza precedenti.
L’altra eventualità, emersa anche per l’avvelenamento di Aleksej Naval’nyj, è che operazioni questo tipo siano condotte da parti dei servizi segreti sfuggite al controllo della politica; quest’ultima, però, dopo i primi attimi di smarrimento, non tarda a trarne profitto.
Bielorussia, dittatura ai confini dell’atto di guerra
Ciò che è accaduto a Minsk non si può definire un atto di guerra, ma gli si avvicina molto. I servizi segreti coinvolti avrebbero potuto rapire o eliminare Protasevič in forme meno vistose, se avessero voluto. Il dirottamento di un aereo, con il coinvolgimento di numerose persone e Paesi (la Ryanair è irlandese, l’aereo è registrato in Polonia, sull’aereo erano presenti cittadini di numerosi Stati) è un atto di forza con il quale il regime bielorusso mostra ciò che può permettersi di fare, di fronte a un Occidente debole e diviso.
Nei giorni successivi al dirottamento, Putin, Lukašenko e i loro governi si sono incontrati. Hanno discusso, almeno ufficialmente, del progetto di confederazione tra Russia e Bielorussia, in corso da anni e rallentato dai timori dell’autocrate bielorusso di declassarsi con le sue mani da capo di uno Stato a governatore di un territorio che manterrebbe un’autonomia formale, ma diventerebbe di fatto una regione russa. Anche su questo fronte, non resta che attendere gli sviluppi concreti.
In questi mesi di fine dell’anno vedremo plasmarsi i nuovi rapporti di forza globali, dopo lo scrollone della pandemia. L’aspetto del mondo nel dopo-Coronavirus dipenderà in modo determinante da come Europa e Stati uniti reagiranno alle condotte sempre più sfrontate degli Stati autoritari. Il dirottamento dell’aereo Ryanair non tocca solo i diritti soggettivi del giovane giornalista bielorusso e di tutti i passeggeri di quel volo, sul quale avrebbe potuto trovarsi chiunque di noi, ma mette in discussione il diritto internazionale e le regole della sicurezza globale.
Economia separata dalla politica, una strada ancora praticabile?
Poche settimane dopo il dirottamento, si è tenuto il Forum economico internazionale di San Pietroburgo (>qui). E’ l’appuntamento annuale per gli operatori economici che hanno interessi in Russia, il Cremlino vorrebbe che fosse il contraltare del Forum economico di Davos. L’incontro si è svolto secondo il principio, ormai tristemente celebre, per cui l’economia opera indipendentemente dalla politica. Questo principio funziona in condizioni normali: quando si ha a che fare con autocrati privi di scrupoli, invece, bisogna sapere che questi sfruttano proprio i rapporti economici, per imporre la loro visione della società all’Occidente.
E’ tempo che l’Europa e gli Stati uniti si rendano conto che la difesa della sicurezza e delle libertà fondamentali di cui godiamo in casa nostra può richiedere rinunce costose. I decisori politici devono avere la forza di intervenire su scelte economiche non più giustificabili, che non possono essere lasciate alle sole logiche imprenditoriali. Inoltre, il supporto ai movimenti di opposizione nei Paesi autoritari dovrebbe farsi più concreto.
Troppe indecisioni e troppi distinguo, accompagnati a una conoscenza gravemente insufficiente di quei Paesi, stanno permettendo il rafforzarsi ai nostri confini di regimi che non tarderanno a condizionare a fondo, e negativamente, la nostra vita quotidiana, e in parte già la condizionano. La vicenda dell’aereo europeo dirottato a Minsk ne è una rappresentazione tristemente efficace.
Esiste la possibilità che il mondo sia presto dominato dalle logiche di governo di Russia, Bielorussia, Cina, Turchia e altri regimi analoghi: questo scenario è molto più vicino di quanto stia immaginando l’ignara e gaudente opinione pubblica occidentale, con i suoi distratti e ciarlieri governanti.