Perché l’Europa non ha sinora valutato il vaccino russo. Senza entrare in specifiche mediche, analizziamo i dati essenziali per capire. Ungheria e Repubblica ceca hanno acquistato dosi del vaccino, perché e cosa significa. In Russia, più del 60% della popolazione non intende farsi vaccinare. L’Unione europea poteva fare di meglio, ma se i singoli Stati si fossero mossi da soli sarebbe andata ancora peggio.
Non mi occupo di vaccini, poiché ciò richiede competenze mediche. Vari lettori mi hanno sollecitato un chiarimento sulla questione del vaccino russo, salita agli onori della cronaca. Senza entrare in specifiche virologiche, riassumo alcuni dati essenziali per comprendere la questione: si tratta di notizie pubbliche ma che circolano poco, sovrastate dalla propaganda filorussa, particolarmente nei notiziari televisivi italiani.
Molti ricorderanno il vergognoso battage mediatico organizzato l’anno scorso per l’arrivo in Italia degli «aiuti» medici da Mosca (ne parlo in dettaglio nel mio libro «Il progetto della Russia su di noi» >qui).
Qualcosa di analogo sta accadendo ora con il vaccino russo Sputnik V (si dice Sputnik vi, non Sputnik cinque o Sputnik quinto come accade di sentire da noi, ma anche i russi ogni tanto si confondono). Analizziamo i termini della questione.
Perché l’Europa non considera il vaccino russo?
L’autorità europea competente non approva il vaccino russo perché i russi non hanno richiesto l’approvazione. La richiesta da parte del produttore è condizione di procedibilità per la concessione dell’autorizzazione: l’autorità europea non può autorizzare un farmaco, se il produttore non deposita la richiesta e non fornisce i dati necessari. Non è vero ciò che si è sentito in alcuni notiziari italiani in questi giorni, secondo cui il vaccino russo non viene autorizzato perché «il dossier della richiesta è incompleto:» il dossier non è incompleto, il dossier non esiste proprio, lo conferma l’autorità europea stessa in un comunicato ufficiale (>qui).
Le ragioni per le quali i russi non richiedono l’autorizzazione, o almeno non l’hanno richiesta sinora, possono essere tre, ed è altamente probabile che non si escludano l’una con l’altra, ma coesistano.
Prima ragione: i dati delle sperimentazioni potrebbero non essere soddisfacenti. Una nota rivista inglese ha pubblicato nelle settimane scorse un articolo elogiativo del vaccino russo, ma questo articolo è, a oggi, l’unica fonte di informazione sul vaccino di Mosca e non è esente da lacune. I russi non hanno sinora diffuso dati completi di prima mano.
Seconda ragione: la Russia potrebbe non avere capacità produttive sufficienti. Se il vaccino venisse approvato dall’Unione europea, l’industria farmaceutica russa si troverebbe in difficoltà a fornire i quantitativi richiesti, esattamente come i produttori occidentali. La Russia finirebbe col dover scegliere tra vaccinare la popolazione interna e rispettare i contratti esteri, una situazione difficile da gestire persino per un regime di ferro come quello di Putin. È vero che la campagna vaccinale in Russia sta andando molto a rilento, ma si tratta pur sempre di una popolazione enorme, diffusa su un territorio estesissimo, e l’industria farmaceutica di Mosca non ha capacità illimitate.
Terza ragione: la Russia non richiede l’approvazione all’autorità centrale europea perché, in questa come in altre materie, preferisce trattare con i singoli Stati. Sta provando a piazzare il vaccino russo in singoli Stati dell’Unione, dando così a questi un vantaggio sugli altri e svergognando l’azione comune di Bruxelles di fronte all’opinione pubblica. Se questa mossa riuscisse, significherebbe per Mosca un grandioso successo nella sua strategia di indebolimento e frantumazione dell’Unione europea.
Gli Stati europei e gli acquisti dei vaccini
Perché alcuni Stati europei hanno comunque ricevuto il vaccino russo? Ungheria e Repubblica ceca hanno acquistato dosi del vaccino. Nonostante il clamore pubblicitario sollevato su queste forniture dai media russi e da quelli italiani, le quantità di vaccino Sputnik giunte in tali Stati sono minime e sembrano avere innanzitutto una funzione propagandistica, più che medica. Va ricordato che Repubblica ceca e Ungheria sono rette da governi fortemente filorussi e utilizzano il vaccino di Mosca sulla base di deroghe interne, senza le verifiche dell’autorità centrale europea. La Repubblica di San Marino, anch’essa nominata dai media per aver acquistato il vaccino russo, non fa parte dell’Unione europea.
Non era meglio acquistare i vaccini come singoli Stati, anziché tutti insieme tramite l’Unione europea? Ci si può immaginare cosa sarebbe successo, se i 27 Stati Ue avessero trattato da soli l’acquisto. Gli Stati più deboli, e tra questi l’Italia, sarebbero finiti in coda alla lista delle forniture. Il Regno unito, si dirà, ha trattato individualmente ed è più avanti: vince facile, ha il produttore in casa. Inoltre, Londra ha incaricato della negoziazione persone molto esperte; i negoziatori di Bruxelles sembra avessero un profilo meno convincente.
Senz’altro l’Ue poteva fare di meglio, come rivela una dettagliata analisi giuridica dei contratti uscita recentemente sul periodico europeo «Politico» (>qui). Tuttavia, se si fosse lasciato fare ai singoli Stati, ci sono pochi dubbi che sarebbe andata ancor peggio, in particolare per uno Stato dove sino a qualche settimana fa si pensava di vaccinare dentro a dei tendoni a forma di primula ancora da costruire e sembra che ci si sia fatti gabbare da affaristi improvvisati persino sulle forniture di mascherine.
La situazione attuale
La realtà si lascia dipingere in modo piuttosto chiaro: gli unici vaccini dei quali a oggi si hanno dati pubblici e totalmente verificabili sono quelli sviluppati in Occidente. Ciò non significa santificare l’industria farmaceutica europea o statunitense: bisogna riconoscere, però, che la libera circolazione delle informazioni, la libertà di espressione e di critica ai governi, la presenza di una stampa plurale, almeno in buona parte dei Paesi occidentali, obbligano le industrie e la politica a un certo grado di trasparenza e forniscono, se non la certezza totale, almeno la ragionevole possibilità che eventuali magagne vengano alla luce.
In Russia, invece, tre medici che avevano espresso critiche sulla strategia COVID del governo sono misteriosamente «caduti dalla finestra» dei loro ospedali, uno dopo l’altro. Anastasija Vasil’eva, a capo di un’associazione di medici critici del regime, è stata arrestata e incarcerata, per aver contestato i dati ufficiali sulla diffusione della pandemia; dopo quasi un anno di vicende giudiziarie porta tuttora la cavigliera di sorveglianza, non può muoversi e comunicare liberamente. In conclusione: fuori dalla Russia, nessuno conosce veramente i dati del vaccino; dentro la Russia, chi contrasta il governo in materia di COVID muore male o finisce in galera.
Non discuto qui se il vaccino russo sia più o meno sicuro ed efficace. Osservo che i media e un buon numero di politici diffondono la convinzione che qualche potere cinico e baro sta impedendo l’approvazione di quel vaccino in Europa, mentre è il produttore stesso a non avere mai richiesto tale autorizzazione, ma tanto chi vuoi che vada a controllare; che il vaccino Sputnik V darebbe ogni garanzia, mentre sinora non si hanno dati scientifici completi e verificabili; che il vaccino russo ci salverebbe dalle infamie delle case farmaceutiche occidentali, mentre nessuno sa se i russi, quand’anche richiedessero e ottenessero l’autorizzazione in Europa, sarebbero in grado di produrre le quantità di vaccino necessarie.
Nessuno dice nemmeno che in Russia più del 60% della popolazione non intende farsi vaccinare, mentre la percentuale dei «no vax,» contrari di principio a ogni vaccinazione, è trascurabile, come confermano fonti statistiche affidabili (>qui): ciò significa che la popolazione non si fida proprio del vaccino Sputnik V, in un Paese dove l’unico siero offerto è quello del governo, non esistono fonti di informazione indipendenti e la critica al governo non è ammessa. Eppure, in Italia, tutti a volere Sputnik V, senza nemmeno sapere come si pronuncia.
Le case farmaceutiche occidentali sono in difficoltà nel fornire i vaccini, ma il ritardo si sta gradualmente compensando e i produttori vanno richiamati ai loro impegni; l’Unione europea poteva negoziare meglio, si spera che affini la sua strategia e che i contratti vengano ora fatti rispettare con la necessaria forza; acquisti paralleli e altri numeri da fantasisti sono pericolosi, perché espongono a rischi di truffe e forniture farlocche.
La lentezza nelle vaccinazioni non è dovuta solo ai ritardi nelle forniture, ma anche all’inefficienza della campagna vaccinale in diversi Stati (non solo in Italia): in molti luoghi le dosi di vaccino ci sono, ma dimorano nei frigoriferi, perché i governi non riescono tenere il passo con le somministrazioni. Che a queste condizioni si insista per ottenere il vaccino russo a ogni costo, è il frutto di una propaganda sempre più idiota e sfrontata, alla quale si prestano politici, giornali e notiziari radiotelevisivi senza il minimo scrupolo e dimentichi ormai di ogni principio di responsabilità. In nessun altro Paese europeo paragonabile si assiste a una tale infatuazione. Anche dove si parla dell’eventualità di servirsi del vaccino russo, non lo si fa diffondendo una tale quantità di notizie false o incomplete e con toni così pateticamente servili come accade in Italia.
Intorno alla Russia e ai peggiori regimi autoritari del mondo monta sempre più, nella Penisola, una carica di esaltazione ideologica che vince ogni ragionamento e persino il buonsenso. Ci sarebbe da ridere, se non fosse una tragedia.
| Aggiornamento: In data 4.3.2021 la Russia ha depositato la richiesta di approvazione del vaccino Sputnik V presso l’autorità europea, tramite l’impresa R-Pharma, avente sede in Germania.